IL
GRAFFIO DEL VIAGGIATORE
Per
scrittori anarchici …completamente liberi
Anno
3 – Numero 39 – Aprile 2018
Anarchici...
mi sa che in questo periodo sia la cosa migliore, visto l’andamento
della nostra situazione politica italiana.
I
GRAFFI DI APRILE
RICORDI
ERITREI
Non
è facile sintetizzare l'Eritrea, ma in due parole posso dirti che
l'Eritrea ha mille facce nascoste, di cui il governo ha ancora molto
da fare e migliorare specialmente con il suo Popolo. Quello che
abbiam potuto vedere noi, è solo la faccia migliore dell'Eritrea, ma
mi ha molto colpito il rispetto degli eritrei nei nostri confronti.
Per esempio quando mi inseguivano i bambini, gli adulti li
riprendevano sempre e li sgridavano di non disturbarmi e
immediatamente si allontanavano obbedendo agli anziani. Anche quando
ero a Ghinda senza alloggio alle undici di sera due ragazzi mi han
salvato da tre ubriaconi che volevano importunarmi e grazie a loro li
ha cacciati in tre parole difendendo l'essere Viaggiatore, ospite del
loro Paese. Il ragazzo alla fine mi disse tre cose da non fare in
Eritrea: 1) non parlare di politica 2) non uscire dopo le undici di
sera 3) ricordati che siamo sempre in Africa. Anche se devo
contraddirlo perché a parte in questo episodio, sono sempre uscito
la notte senza nessun problema.
Io
non viaggio per la Natura, perché l'Italia non è seconda a nessuna
nazione, però bisogna dire che l'arcipelago Dahlak è veramente
eccezionale, i loro atolli con quelle lingue di sabbia bianche e il
suo mare trasparente pieno di vita tra i vari tipi di pesce e coralli
sembrava davvero di vivere dentro ad uno dei migliori acquari
del mondo.
La
ferrovia costruita dagli italiani da Asmara da 2400 mt fino a Massawa
sul mare è all'apice dell'ingegneria, è sorprendente vedere come si
inerpica tra monti, valli e meravigliose gole.
I
costumi delle donne tigrine e le loro acconciature con i mille modi
di fare le trecce, i pastori sempre con i loro bastoni mi sono
rimasti impressi nella mente, vivono ancora, per fortuna, la loro
tradizione con orgoglio. Non si sono lasciati coinvolgere neanche
dalla musica occidentale rimanendo fedele ai loro strumenti musicali
e alla loro cultura musicale.
Il
cibo è squisito, hanno imparato molto bene dagli italiani, i forni
fanno delle pizzette buonissime e i caffè dei pasticcini dolcissimi.
Mi sono adattato subito alla cucina locale, a mangiare l'injera con
le mani, anzi solo con la mano destra, la mano pura.
Non
dimenticherò mai quanto pesavano quelle taniche che le povere
bambine dovevano caricare sulla groppa dell'asino. Io appena le ho
viste al pozzo nel villaggio di Keren ho voluto subito aiutarle, e te
lo giuro se fosse stato un cavallo non so se ce l'avrei fatta a
caricare le due taniche legate insieme, per fortuna l'altezza
dell'asino mi ha salvato da una figuraccia.
Il
murales "Welcome To Free Eritrea" agli occhi degli
occidentali può essere un paradosso, visto la dittatura che tutti
conosciamo, però la loro libertà non è da sottovalutare perché
l'Eritrea è libera dai colonizzatori sanguisughe europei, ed è una
vittoria molto significativa.
L'Eritrea
ha ancora tanto da offrire e da scoprire... chissà forse un giorno
potrò visitare i famosi guerrieri Cunama a Barentu, di cui il
governo non mi lasciò il permesso per andarci.
Quindi
è un arrivederci Eritrea!
Ivan
Ske
IRAN
TEHERAN
Venerdì
rende le cose più difficili, e troviamo da cambiare solo grazie a
dei cambiavalute non ufficiali. Ci aiuta un gioielliere che cambia i
nostri 100€ in 5.500.000Ryal, sempre meglio del cambio in
aeroporto. Lasciamo la zona di Ferdowsi st. in cerca di una
colazione, ma i caffè sono quasi tutti chiusi e una simpatica
signora/signore ( il governo iraniano aiuta con spese sanitarie
coloro che vogliono cambiare sesso, ma paradossalmente i gay vengono
perseguitati ) ci aiuta a trovare un tè e qualcosa da mangiare.
Prima di lasciarci, ci saluta regalandoci 4 biscotti al cioccolato,
ringraziandoci di essere in Iran.
Ci
fermiamo a fare colazione nei pressi di una scuola dove un gruppo di
giovani alla moda e poco rispettosi della legge islamica stanno
monopolizzando la piazzetta di fronte all’istituto.
Alle
19.25 saliamo sul nostro treno notturno diretto a Kerman.
Condivideremo la cuccetta con Ali, Mohammed, Reza e Afsaneh. Gente
squisita e gentilissima, peccato per la lingua. Nessuno di loro parla
un inglese anche minimo per una normale conversazione. Comunichiamo a
gesti o con il Google traslate. Prima di accomodarci sui rispettivi
letti, ci invitano a cenare con loro nella carrozza ristorante.
Inutile insistere più di tanto, stasera saremo loro ospiti e
ripagheremo la loro ospitalità il più presto possibile. Ceniamo con
spiedini di pollo e riso, accompagnati da yogurt salato. Alle 23.30
ci accomodiamo tutti nella rispettiva cuccetta, e come primo giorno
non possiamo che ritenerci più che soddisfatti.
Kerman
Dopo
essersi scambiati idee sull’hotel da scegliere, chiediamo al
tassista di farci portare al Abshar Talai Guesthouse, anche se il
simpatico signore ci guarda subito male ci dice semplicemente NO GOOD
!!! Decidiamo di proseguire con la nostra idea, ma una volta arrivati
alla Guesthouse, ci accoglie un signore che non parla neppure una
parola d’inglese, appena svegliato. Non esiste una reception, per
terra ci sono vari oggetti che ci impediscono di entrare, ci
guardiamo un attimo e decidiamo di cambiare opzione. Su consiglio
dell’autista ( impareremo da oggi a fidarsi di tutti ).
La
città è famosa per i vecchi Hammam. Ci rilassiamo all’Hammam
Vakil, dove mangiamo un piatto di melanzane affumicate e due tè allo
zafferano.
Ritorniamo
in centro alle 17.30 per godere del tramonto sulla bellissima piazza
principale, ciò che fu un tempo il caravanserraglio. Bambini che
giocano a calcio, coppiette che si incontrano di nascosto per
scambiarsi le prime effusioni e un gran via vai tra le vie del bazar,
animano
la serata di Kerman. L’ingresso di una tè house, ci invita a
sedersi per fumare una shisha e bere un tè al cardamomo. Le poche
persone incontrate che parlano inglese, ci salutano e si avvicinano
subito, il primo impatto con gli iraniani è positivo, sembra gente
generosa e gentile. Stasera ceniamo al bazar con riso e agnello allo
spiedo, sempre seduti comodamente sui piccoli troni rialzati da
terra. Togliersi le scarpe è obbligatorio e ricordatevi che da
queste parti il coltello non è previsto.
Mahan
– Shahdad - Kalut desert
Barehmi,
il nostro autista è già seduto ad un tavolo sorseggiando un tè al
cardamomo. Iniziamo subito a conoscerci, è un signore di 69 anni
professore di storia in pensione.
Ci
fermiamo per fare il pieno alla nostra auto e Barehmi ci chiede se
possiamo anticipare noi. ( ecco ora ci spilla pure altri 400.000Ry,
ah no dimenticavo siamo in Iran e devo lasciare a casa tutti i
pregiudizi nei confronti del popolo iraniano). In 50 minuti,
raggiungiamo il complesso Sufi dedicato a Ne’ Matullah Vali
Kermani, considerato il Nostradamus dell’Iran. Un complesso molto
interessante, con il suo caravanserraglio che sembra abbia ospitato
anche i nostri famosi concittadini Polo.
Giungiamo
al mausoleo principale dove un anziano sufi, canta inni in onore di
Ne’ Matullah. Ringraziamo il custode per averci fatto visitare
l’intero complesso e ci dirigiamo verso i giardini di Bagh-e
Shahzadeh. A pochi chilometri dalla cittadina, i giardini si
presentano con una serie di terrazze che scendono dalla collina con
cascate di acqua che rompono il silenzio del luogo. Dalla sommità,
si gode di una vista sui giardini e le montagne innevate che
sovrastano Mahan. All’uscita, un giovane cinese ci chiede se
possiamo dargli un passaggio per Bam, ma sfortunatamente non siamo
diretti da quelle parti. Riprendiamo il nostro cammino solo dopo aver
comperato 2 etti di pistacchi allo zafferano, nel parcheggio dei
giardini. In circa un’ora di automobile, raggiungiamo la cittadina
di Shahdad, dove Barehmi, ci fa visitare un vecchio mulino in disuso
e una enorme cisterna d’acqua, dove l’eco che si può udire
all’interno ci tiene occupati per qualche minuto. Siamo ai margini
del deserto, dove palme e qanat ( canali per l’irrigazione) ci
accompagnano lungo la nostra strada. In un punto non precisato della
mappa, ci fermiamo per un pranzo a base di pollo e riso. Seduti su un
enorme tappeto, all’interno di un caravanserraglio, Barehmi,
continua a spiegarci perfettamente le tradizioni culturali del suo
Paese, mentre noi sorseggiamo l’ennesimo tè. Alle 15.30, ci
addentriamo nel deserto, e non appena avvistiamo le prime formazioni
rocciose, scendiamo e sotto indicazioni di Barehmi, ci incamminiamo
nel deserto. Ci indica una formazione a circa due ore di cammino; lui
ci aspetterà là. Camminiamo nel deserto tra una formazione rocciosa
e l’altra, attraverso uno scenario lunare e raggiungiamo il punto
indicatoci in circa 2 ore, come da programma più o meno. Saliamo su
una terrazza naturale da dove possiamo ammirare il tramonto.
L’immensità di questo luogo è stupefacente e assistiamo al
tramonto in compagnia di un gruppo di donne iraniane. Non parlano
inglese ma ci invitano a scendere insieme a loro verso il pulmino,
dove hanno datteri, pistacchi e tè da offrirci. Naturalmente ci
chiedono di scattare alcune foto ricordo mentre un paio di ragazze
( grazie alla traduzione di Barehmi ) ci invitano a casa loro,
situata a circa 3 ore da lì. Non possiamo accettare ma ringraziamo e
salutiamo l’allegro gruppo di signore in gita nel deserto. Alle
18.30, riprendiamo la via del ritorno con qualche piccolo
inconveniente. A circa 50km da Kerman, inizia ad accendersi la spia
dell’olio. Per fortuna nel bagagliaio c’è 1 kg di olio (gli
iraniani hanno mille risorse) e riusciamo a tornare a Kerman alle
20.30 mentre la spia dell’olio inizia a lampeggiare di nuovo.
Sicuramente, ci sarà bisogno di passare dal meccanico, anche perché
domani abbiamo riservato l’auto per un’altra lunga giornata in
direzione di Bam. Se ci dovessero essere problemi seri, Barehmi si
presenterà con una seconda auto, una vecchia BMW del 1979. Speriamo
bene. Ah dimenticavo, al momento di pagare Barehmi ci ricorda di
dargli 4000.000 Ry in meno visto che li avevamo anticipati per la
benzina.
Bam
– Rayen
Il
motivo per cui siamo scesi così a sud, non è solo di tipo
climatico; per me raggiungere Bam e il suo castello dei Tartari era
uno degli obiettivi del viaggio. Aver avuto più tempo, avremmo
potuto prendere tranquillamente uno dei 6 bus giornalieri che
collegano Kerman alla cittadina, ma viste le 3 ore previste abbiamo
optato ancora per l’auto guidata dal simpatico Barehmi. Oggi però
partiamo con qualche minuto di ritardo, Barehmi è stato dal
meccanico e ci viene a prendere con la stessa auto di ieri. Siamo un
po' preoccupati, ma ci assicura che c’era stata una rottura di un
tubo che è stato riaggiustato efficacemente. ( sempre fidarsi degli
iraniani ricordatelo Roby ) Da Kerman a Bam, è una dritta strada nel
bel mezzo del deserto, con a lato alcune delle montagne più alte del
Paese. I picchi innevati che superano i 4.000mt, ci accompagnano per
circa 100km. Alle 11.00 circa, raggiungiamo la cittadella di Bam,
quella che fu teatro del set cinematografico del film IL DESERTO DEI
TARTARI. Ma oltre ad essere famosa per questo, Bam è altresì
famosa, negativamente, per il grave terremoto che distrusse l’intera
cittadella nel 2003. Da quel giorno, pochissimi turisti percorrono
tutti questi km fino all’estremo sud per visitare ciò che rimane
di Bam. Ma per fortuna da qualche anno sembra che qualcuno si stia
riavvicinando alle mura di Bam. Pensare che quasi sicuramente da
queste parti si sia fermato Marco Polo, rende a me la visita ancora
più emozionante, mentre una coppia di iraniani di Shiraz ci saluta e
ci invita come al solito ad andare a visitarli quando saremo nella
loro città. Vedremo cosa possiamo fare, intanto scambiamo il numero
di telefono e ringraziamo per il gentile invito. Fortunatamente, è
aperta da qualche mese, anche la parte superiore della cittadella, da
dove si gode di una vista eccezionale sull’intera città e sulle
montagne innevate. Una visita da non perdere, anche se lontano da
tutto, soprattutto perché c’è da contribuire al ritorno del
turismo da queste parti. Riprendiamo la strada del ritorno ma alla
periferia di Bam ci fermiamo perché Barehmi, deve acquistare della
frutta. Compra 2kg di arance di cui 4 le regala a noi e 8 scatole di
datteri di cui due le regala a noi. Non possiamo continuare così,
compriamo 4 scatole di datteri di cui due le regaliamo a sua moglie.
Raggiungiamo Rayen alle 14.30 e ci fermiamo subito per un pranzo.
Oggi riso con agnello e yogurt. Anche Rayen, come Bam è famosa per
la sua cittadella anche se in dimensioni ridotte. Questi siti, ci
ricordano molto le fortezze visitate in Oman. Mura merlate costruite
con fango e paglia che nascondono una vera e propria cittadella
all’interno. Prima di rientrare a Kerman, ci fermiamo per un caffè.
Ci sediamo e subito entrano due donne che chiedono ad Elisa di
scattare due foto, poi un simpatico signore si siede al mio fianco e
iniziamo una discussione sul nucleare e gli USA. E meno male mi
avevano detto di non parlar di certe cose con gli iranaini. Sono loro
che vogliono conoscere la nostra posizione, e sono felici di sapere
che non li consideriamo terroristi come invece vorrebbero farci
credere gli americani. Si è creato un piccolo gruppo di persone che
sono arrivati a conoscere gli stranieri e quando ci alziamo per
pagare il conto naturalmente è già stato pagato tutto dallo
sconosciuto di giornata. Usciamo per prendere i datteri in macchina e
cerchiamo per lo meno di contraccambiare con qualcosa. Rientriamo a
Kerman alle 19.30 e dopo aver detto a Barehmi che abbiamo il bus
notturno per Shiraz, ci dice semplicemente queste parole: I have a
plane for you! Ok, ci fidiamo e dopo pochi minuti ci ritroviamo in
ufficio del direttore del supermercato di Kerman. Ci fanno lasciare
gli zaini dal direttore, che vuole fare una foto ricordo da
pubblicare sul sito del Supermercato e poi ci invitano a cenare in
uno dei tavoli predisposti, nella sala adiacente. Alle 22.00 come
d’accordo con il direttore, un signore ci viene a prendere e con un
auto ci porta alla stazione. Tentiamo di pagare la cena e il
passaggio fino alla stazione ma è tutto inutile. L’autista non ci
lascia fino a che non arriva l’autista del bus. “Adesso siete in
buone mani che Dio vi protegga.” Queste sono le ultime parole del
perfetto sconosciuto che ci ha accompagnato al bus.
Shiraz
Grazie
al simpatico tassista Mahdi, ci accomodiamo all’ Hafez Hotel (
oramai ci fidiamo ciecamente dei tassisti che ci accompagnano sempre
in hotel con rapporto qualità sempre ottimo ). Visitiamo
l’Arg-e Karm Khan Zand, una fortezza ben tenuta con una bellissima
corte interna, Alcune sale sono visitabili, e l’Hammam con i suoi
dipinti è da non perdere. Ci dirigiamo verso il bazar Vakil, dove
entriamo in una delle famose moschee della città. All’interno,
mentre il muezzin sta richiamando i fedeli alla preghiera, conosciamo
due simpatici ragazzi di Esfahan con cui scambiamo una
interessantissima conversazione. Ci pregano di chiamarli quando
arriviamo nella sua città, anche se si scusano in anticipo per il
fatto che non ci possano ospitare. Ci sediamo insieme ai due nuovi
amici e ammiriamo i colori vivaci dei portali della moschea. Una sala
con numerose colonne a forma aspirale ci invitano a continuare la
visita. Salutiamo Mohammed e Koroosh, promettendo loro di chiamarli
una volta d Esfahan. Ci addentriamo per un’ora circa dentro il
bazar, e un forte profumo di carne alla brace ci ricorda che forse è
l’ora di fare pranzo. Sono le 15.00, ma qui gli orari sono spostati
leggermente in avanti e, insieme ad un folto gruppo di iraniani ci
sistemiamo all’interno di un ristorante. Nessuno parla inglese, il
menù è in inglese, ma per fortuna ci accorre in aiuto un signore
seduto dietro di noi. Ordiniamo della carne cotta allo spiedo con
pane azzimo. Uscendo dal bazar, ci ritroviamo per caso di fronte ad
una scuola coranica; è chiusa, ma un gruppo di danesi ( è il primo
gruppo di stranieri che troviamo) stanno per entrare con la loro
guida, che gentilmente ci fa l’occhiolino e ci invita ad entrare
con loro. Ringraziamo e dopo la visita, ci dirigiamo verso il
mausoleo più importante della città, quello dello Shah Cheragh.
Accompagnati da una ragazza ( guida volontaria della moschea )
visitiamo il sito, dove non possiamo far entrare zaini e macchine
fotografiche. Elisa deve indossare il classico chador che le copre
interamente testa e corpo, visto la santità del luogo. Lo spettacolo
che ci aspetta è senza dubbio al di fuori delle nostre aspettative e
grazie alle spiegazioni della nostra accompagnatrice otteniamo
maggiori informazioni sulla religione islamica e sulle dinastie che
si sono susseguite al potere nella Persia nuova e antica. Nonostante
l’abbigliamento che Elisa è costretta a indossare, torneremo da
queste parti di notte, visto che il mausoleo è aperto 24 ore su 24.
Dopo una leggera cena, ce ne andiamo a spasso per le vie della città.
Persepoli
– Pasargade – Naqs-e Rostam
Oggi
giornata dedicata all’archeologia dell’antica Persia. Pur non
essendo degli archeologi, non possiamo mancare di ammirare i vecchi
splendori di uno dei più potenti Imperi dell’antichità.
Mahdi,
ci accoglie con un sacchetto al cui interno ci sono patatine,
biscotti e due aranciate. “This is for you “ sono le sue semplici
parole. Saliamo in macchina e iniziamo la nostra giornata. Dopo pochi
chilometri Mahdi si ferma sul ciglio della strada e ci dice di
aspettarlo che deve recuperare del tè. Ritorna in auto con il
termos, 3 bicchieri e 3 piccoli recipienti contenenti la tipica
colazione di Shiraz: “ Ash “. Ringraziamo per la generosità di
Mahdi e ripartiamo in direzione di Persepoli.
Il
nome di Persepoli, riporta indietro nel tempo e suscita rispetto nei
confronti del grande Impero Persiano. Per gli amanti della storia e
dell’archeologia , passeggiare tra le rovine della città costruita
da Dario I e suo figlio Serse, è senza dubbio una grossa emozione.
La scalinata dell’Apadana è un piacere per i nostri occhi e
rimaniamo immobili di fronte alla bellezza dei rilievi che
raffigurano i Popoli tributari.
Ripartiamo
da Persepoli in direzione nord con una breve sosta ai rilievi
sassanidi di Naqs-e Rajab, e dopo circa un’ora raggiungiamo
Pasargade. Il motivo di questa visita è senza dubbio la tomba di
Ciro il Grande, il quale fondò qui la sua capitale.
La
necropoli di Naqs-e Rostam, forse il sito che personalmente mi è
piaciuto di più. Quattro tombe CRUCIFERE, scavate nella roccia,
dominano il paesaggio.
Dopo
tutta la gentilezza del nostro autista, sulla strada del ritorno lo
invitiamo a cenare con noi, per passare una serata insieme. Dopo la
doccia, Mahdi, si presenta all’hotel con l’intera famiglia.
Moglie, due figli e la nipote che farà da traduttrice ufficiale. Ci
portano prima alla Quran Gate, al nord della città, dove facciamo
una passeggiata per ammirare le luci della città da una collinetta.
Poi, prendiamo un tè accomodandoci su un tappeto disteso su un
piccolo giardino; dopodiché, ci dirigiamo verso l’Azadi Park per
un picnic. Come promesso offriamo alla famiglia una cena a base di
hamburger. La serata si conclude con un giro al bazar, dove Elisa,
accompagnata dalle signore, acquista una bellissima mantella da
indossare in questi giorni. Ringraziamo la simpatica famiglia del
tempo trascorso insieme e dopo essersi scambiati i rispettivi numeri
di telefono, ce ne andiamo a dormire.
A
Shirtaz ci
sono degli angoli nascosti, che sono delle vere e proprie perle di
architettura, con piccole piazze adorne di fontane e giardini in
fiore. In una delle sale da tè, situate all’interno del bazar, ci
fermiamo per un break, poi compriamo del pane caldo in uno dei tanti
forni cittadini e con delle olive e delle verdure, pranziamo in
compagnia di un gruppetto di studentesse. A
pochi minuti di cammino dai giardini, entriamo, curiosi di vedere
cosa sta succedendo, In una moschea. Solo dopo pochi minuti ci
rendiamo conto di essere giunti durante un funerale all’interno
della seconda mosche più sacra della regione: la Aramgah-e Ali Ibn
Hamzeh. Un gentile signore ci invita ad entrare in un ufficio dove ci
accolgono due volontarie della moschea e ci introducono al sito. Ci
offrono del tè, dei biscotti e dei pistacchi. Inizia così una lunga
chiacchierata sull’Islam e le sue sfaccettature. I siti più sacri
degli sciiti e tutte le differenze che ci sono tra le varie famiglie
dell’Islam. Conosciamo anche l’utilità della pietra che ogni
sciiti prende in moschea prima di iniziare a pregare. E’
semplicemente l’elemento naturale dove il religioso appoggia la
testa per poter essere tutt’uno con Dio. A differenza dei Sunniti è
fondamentale il rapporto diretto con Dio attraverso l’elemento
natura, e i tappeti della moschea non sono natura. Visitiamo il luogo
sacro, e grazie al passaggio in auto, offerto da una delle due
volontarie, rientriamo in centro. Al calar del sole, decidiamo di
ritornare al Mausoleo di Shah Cheragh che con la luce del tramonto e
le luci notturne regala un bellissimo spettacolo. Passeggiata
notturna in bazar e cena a base di Dizi, altro piatto tipicamente
persiano da consigliare a tutti.
YAZD
Raggiungiamo
la Karandish bus terminal di Shiraz e Mahdi ci accompagna fino al bus
diretto a Yazd. Nonostante non voglia riscuotere la tariffa del taxi
insistiamo più di una volta e al terzo tentativo non può rifiutare
i 50.000Rial che gli offriamo. Ci chiede di aspettarlo un attimo e
dopo pochi minuti ritorna con una scatola di dolci e delle bibite. Ci
serviranno per il viaggio ( anche se nel bus consegnano sempre
qualcosa da mangiare ). Non sappiamo come ringraziarlo e quando
arrivano i momenti dei saluti ci abbraccia con le lacrime agli occhi.
Questi sono i tassisti in Iran.
A
Yazd, è piuttosto caldo, siamo ai margini del deserto e la città è
caratterizzata dalle torri di areazione ( gli antichi condizionatori
), conosciuti con il nome di badgir. Città famosa per il culto di
Zoroastro è un labirinto di vie, nelle quali ha messo piede pure
Marco Polo, durante il suo viaggio verso la Cina. Il
sito zoroastriano, è un luogo dove la gente del posto si reca per
ammirare il tramonto e noi li imitiamo. Condividiamo la visita con
due studenti afgani e una famiglia di Yazd. Dalla sommità delle
torri si può ammirare la città mentre nelle giornate più limpide
il tramonto regala uno spettacolo di colori. Scambiamo due parole con
gli afgani, che ci invitano a visitare la sua citta, famosa
tristemente per la distruzione dei grandi Budda di pietra. La citta
di Bamyan, nell’Afghanistan centrale, era un tempo meta turistica
nonché di culto, ma oramai non resta più nulla della sua bellezza.
I due afgani ci salutano con il loro ottimo inglese e continuano la
loro visita, mentre noi veniamo fermati immediatamente dalla famiglia
iraniana. La bimba di 15 anni vuole a tutti i costi invitarci a casa
sua per la cena, e accettiamo volentieri. Saliamo sulla loro auto ma
prima di andare a cena, ce ne andiamo alla moschea del loro
quartiere, per assistere alla funzione delle 18.30. Una volta
risaliti in macchina il padre si scusa per non poterci portare a
casa, domani mattina dovrà partire per Teheran alle 04.00 e
preferisce invitarci a cena in
un
ristorante. Accettiamo l’invito anche se alla fine ci limiteremo a
prendere un ottimo succo di carote. Ringraziamo nuovamente la
famiglia e con la loro auto ci accompagnano all’hostel. Ceniamo in
un ristorante nei pressi del nostro alloggio e poi rimaniamo nel
patio del Rest Up per ammirare le stelle. Sembra proprio di essere
all’interno di una storia di “Le Mille e una notte”
La
serata si conclude magnificamente, in compagnia della famiglia del
Rest Up, suonando la chitarra e la tar. Passiamo due ore
indimenticabili giocando a carte con l’intera famiglia e a dir la
verità ci dispiace un po' lasciare tutto ciò.
Varzaneh
Oggi
lasciamo la città, per addentrarci nella regione desertica e i suoi
villaggi. Salutiamo
padre e figlia che ci hanno accompagnato fino a qui, regalandogli il
pacco datoci sul bus . Lasciamo la Guest House in cerca di un mezzo
qualsiasi per raggiungere la cittadella di Ghortan, ma non appena
siamo per strada, un tizio con la sua Peugeot, si affianca e dopo
averci invitato a salire, ci invita a casa sua per il pranzo.
Lasciamo
dunque l’idea di visitare Ghortan e ce ne andiamo a Ezhieh,
villaggio dello sconosciuto tizio. Dopo essersi accomodati in casa di
Mohammud e sua moglie, ci servono del tè con dei datteri e iniziamo
le conoscenze reciproche. Mangiamo della frutta e del gelato e quando
ci chiedono cosa vogliamo per pranzo li ringraziamo ma spieghiamo che
non abbiamo più fame. Grazie a Mohammud, visitiamo il modesto
villaggio con la moschea e le simpatiche Pigeon Towr che animano il
desertico panorama. Dopo 3 ore in compagnia della famiglia iraniana,
ci facciamo lasciare all’incrocio principale, per poter rientrare a
Varzaneh. Ci scambiamo i numeri di telefono e non appena li salutiamo
una macchina si ferma chiedendoci da che parte fossimo diretti.
Neppure il tempo di dire Varzaneh che siamo gia sopra una Peikan del
1976 in direzione del villaggio. Ringraziamo del passaggio e
rientriamo in Guest House per prenotare la cena a base di pesce che
ci preparerà Kalili, un altro dei 6 fratelli ( qui ogni fratello ha
il suo compito ). Ceniamo con dell’ottimo pesce di lago salato,
melanzane, riso e pomodori.
Ghortan
– Adineh – Khara desert – Gavkhuni salt lake
Da
queste parti l’autostop abbiamo capito che non è così difficile,
quindi, dopo la colazione offerta dalla Guest House, ci avviciniamo
al ciglio della strada principale e la prima macchina che passa, ci
sale per portarci a Ghortan. E’ un professore di musica che insegna
chitarra classica all’Università di Esfahan e durante il tragitto
ci fa una breve lezione di musica iraniana. Invece di lasciarci
all’incrocio per il villaggio, ci accompagna fino alla cittadella
deviando il suo percorso di qualche km. Lo invitiamo a bere un tè ma
deve essere all’università tra due ore e quindi riprende il suo
cammino. La piccola cittadella di Ghortan è un villaggio di paglia e
fango in rovina dove solo pochi anziani, abitano le loro poche case.
Facciamo un giro tra le rovine e ci rilassiamo nella piccola piazza
principale in compagnia di un piccolo gruppo di abitanti del luogo.
Poche parole visto la difficoltà della lingua e salutiamo il piccolo
villaggio. Per rientrare a Varzaneh, basta veramente poco. Appena
alziamo la mano, un fabbro di Varzaneh ci sale in auto e ci
accompagna fino al villaggio. Ci facciamo lasciare nei pressi della
moschea dove si possono notare le anziane signore vestite in chador
bianco, una cosa rara nell’intero Iran. Mentre attendiamo le
signore all’uscita dalla moschea, si avvicina un giovane ragazzo
che con il suo semplice inglese, ci invita per pranzo a casa sua. Non
possiamo che accettare, sottolineando il fatto però che alle 14.30
abbiamo un appuntamento. Raggiungiamo così Oshkohran, piccolo
villaggio situato a 12 km da Varzaneh, dove abita Alì e sua moglie.
Prima ci mostrano la loro coltivazione di funghi, poi ci mostrano la
loro casa ed Alì, ci suona un paio di canzoni classiche con la sua
chitarra. Pranziamo con riso e spiedini di agnello, il tutto
accompagnato da yogurt. Passiamo un paio d’ore in famiglia poi
chiediamo ad Alì di riportarci alla nostra Guest House dove ci
aspettano per l’escursione al deserto e al lago salato. Ringraziamo
infinitamente per la loro accoglienza e rientriamo a Varzaneh. Ad
attenderci c’è Reza, che ci accompagnerà per tutto il pomeriggio
in visita alle zone limitrofe. Con la sua vecchia Peikan del 1979,
raggiungiamo per primo Adineh, un piccolo villaggio con una torre e
una piccola cittadella in rovina, da qui, oltrepassiamo il deserto di
Varzaneh per raggiungere il lago salato di Gavkhuni. Ci togliamo le
scarpe e ci immergiamo con i piedi sull’acqua salata, ammiriamo
l’infinità del deserto e del lago salato che si mescolano insieme
e ci rilassiamo con un tè offerto da Reza. Prima del tramonto
raggiungiamo le dune del deserto, dove con una arrampicata di circa
30 minuti raggiungiamo la sommità della più alta. La vista è
eccezionale e il tramonto regala dei bellissimi colori. Peccato per
il vento che soffia forte da sud-ovest. Scendiamo la duna con la
sandboard di proprietà della Guest House, anche se siamo veramente
inadatti a questo tipo di sport. Poi dopo l’ennesimo tè, Reza ci
accompagna da Kalili, che ci aspetta presso una casa del deserto per
la cena a base di pollo e melanzane alla griglia. La cena sarà
offerta dallo stesso Kalili che però ci chiede se possiamo ospitarlo
a casa nostra. Stasera per la prima volta conosciamo il volto
nascosto degli iraniani non musulmani. Kalili, ad un certo punto
della cena, tira fuori due bottiglie di arak, distillato clandestino
e ci racconta la sua vita da eretico in una famiglia di religiosi. Ci
salutiamo con la promessa di rivedersi in Italia, mentre rientrando
in casa ripensiamo a tutti gli iraniani che abbiamo incontrato lungo
il nostro viaggio e soprattutto alla loro cortesia.
Roby
B.
Tutti
coloro che vogliono intervenire con un loro pensiero, argomento,
articolo di viaggio e non, sono invitati calorosamente a farlo.
Sarà pubblicato sul prossimo numero del Graffio del
Viaggiatore.
Grazie mille
ilgraffiodelviaggiatore@gmail.com
Grazie mille
ilgraffiodelviaggiatore@gmail.com
PROGETTI
PER LA VITA… IN ITALIA
L’idea
di un reddito di cittadinanza, cioè di un reddito attribuito su base
universale e incondizionata, nasce all’interno di un dibattito
filosofico che, prima che con la povertà, ha a che fare con la
libertà, l’uguaglianza e il tipo di società in cui ci auguriamo
di vivere.
MUSICA
PER CHI VUOLE VEDERE
RIFLESSIONE
SULLA VITA...IN VIAGGIO
Mi
ha sorpreso l'accoglienza del popolo filippino, sopratutto nei luoghi
meno battuti dal turismo di massa. Poi la bellezza del mare, secondo
i miei criteri ,ovviamente. Ad oggi, forse il più bello di quelli
visti fino ad ora.
Poi
ci sono tutte le piccole sensazioni provate durante il viaggio che
per me sono importantissime ma nello stesso tempo difficilissime da
spiegare con le parole perché legate all'incontro con le persone ed
al sentirsi perfettamente in sintonia tanto da non farmi sentire
straniera a casa loro.
Non
so scriverti di più, magari quando ci incontreremo ti potrò
raccontare piccoli episodi che possono sembrare banali ma che hanno
dato quel plusvalore a tutto il viaggio.
Susy
ANGOLO
DELLA BATTUTA
Per
dimenticarci di essere seri
Sai
cosa fa la posta quando si diverte?
La
posta in gioco.
Pino
Bramante
VERSI
LIBERI
A
Kirikou,
il
bambino più bello se n’è andato
e
ora non c’è più
con
l’amaro in bocca ci ha lasciato
era
la mascotte dell’associazione
il
più invidiato da tutti
ora
è volato in un’altra dimensione
dove
non ci si arriva se ti butti
solo
una morte naturale
può
portarti in un altro corpo
che
però sembra irreale
visto
l’Africa e il suo anticorpo.
Ivan
Ske
I
AM STILL FREE
I sogni e i progetti di chi non vuole smettere di correre...
Scriviamo e lasciamoci andare sempre e ovunque…
I sogni e i progetti di chi non vuole smettere di correre...
Scriviamo e lasciamoci andare sempre e ovunque…
Piccione
viaggiatore o viaggiatore impiccione?
Diciamo
che lo sono entrambi, perché mi piace viaggiare per tutto il mondo
come un piccione e nello stesso tempo in viaggio mi piace impicciarmi
della vita dei locali. Sì sono libero di domandare a chiunque come
vivono, di
togliermi tutte le mie curiosità sulla loro vita. Voglio sapere
tutto per scoprire tutti i lati del Paese che visito. Amo la gente e
amo essere libero di conoscerli.
Ivan
Ske
IL
MURO
IL DOLORE PIÙ GRANDE PER UN VIANDANTE È TROVARSI DI FRONTE AD UN MURO AL DI LA DEL QUALE NON PUÒ ANDARE.
IL DOLORE PIÙ GRANDE PER UN VIANDANTE È TROVARSI DI FRONTE AD UN MURO AL DI LA DEL QUALE NON PUÒ ANDARE.
Pensavo
non ci fossero muri in mare, pensavo che il mare avesse la sua legge
naturale di salvezza, ma mi sbagliavo.
Ivan
Ske
IL
VIAGGIO IMMAGINARIO
IL VIAGGIO IMMAGINARIO È QUELLO CHE HAI SEMPRE SOGNATO E CHE NON HAI MAI REALIZZATO ...
QUELLO CHE PRENDE FORMA DI NOTTE E AL RISVEGLIO SI DISSOLVE NELLA MENTE ...
MA IL VIAGGIO IMMAGINARIO È ANCHE QUELLO DENTRO NOI STESSI
SENZA DUBBIO IL VIAGGIO PIU PERICOLOSO ED AFFASCINANTE SI POSSA FARE ...
QUELLO CHE SCAVA SCAVA TROVI SEMPRE QUALCOSA CHE NON VA IN TE ...
SCAVA SCAVA TROVI SEMPRE STRADE NUOVE ... STRADE CHE PERCORRI CON CORAGGIO E TI CAMBIANO LA VITA ...
UN VIAGGIO CHE TI DA UNA FORZA MAI AVUTA PRIMA ... CHE APRE PORTE IMPOSSIBILI ...
SCONFIGGE ANTICHE PAURE ... E CI AIUTA A CAMBIARE ... A MIGLIORARE
LASCIAMOCI ANDARE AL NOSTRO VIAGGIO IMMAGINARIO ...
MA NON è BISOGNA VOLERLO!
https://www.youtube.com/watch?v=GdxUIZOzd5E&feature=share10
Il Viaggio Immaginario di Ivan Ske
GIRO DEL MONDO IN BARCA A VELA
Senza
dubbio è un viaggio immaginario che immagino amerebbero tutti.
Ho
una bellissima barca a vela e dal porto di Genova - perché Genova?
Semplice è la città dei primi marinari, dei primi navigatori della
Storia, e non posso che non partire da qui – salpo per navigare il
Mediterraneo visitando le sue meravigliose isole: la Sardegna in
primis, per me l’isola tropicale d’Europa, le
fantastiche isole Baleari, fino allo stretto di Gibilterra. A farmi
compagnia sono i velocissimi delfini che schizzano a pelo d’acqua
davanti alla barca come per indicarmi la via. Saltano felici rendendo
questo meraviglioso viaggio, sempre più emozionante. A ogni tramonto
e alba mi lascio coccolare dalle onde ad ammirare una delle migliori
bellezze della natura. I colori che si mischiano nelle basse nuvole
oppure il sole nascere e morire nella linea dell’orizzonte del mare
non ha uguali, è senza dubbio la vista panoramica più amata da
tutti.
La
solitudine in mezzo al mare è un momento di riflessione molto
importante, è
il modo per mettere in ordine i pensieri. Dopo lo stretto di
Gibilterra mi ritrovo di fronte all’Oceano Atlantico, costeggio
l’amata Africa fino alle Canarie per poi arrivare a Capo Verde per
assaporare la cultura creola afro-portoghese. Carico
d’erba salpo per il Brasile. Arrivo
a Jericoacoara, e come non posso fermarmi a ballare un po’ di
forrò. Continuo
la mia navigazione fino a Belem alla foce del Rio delle Amazzoni.
Questa immensa frattura della terra per far passare il fiume più
lungo del mondo. Punto a nord, grazie al vento immaginario che soffia
in questa direzione e arrivo fino a superare la Guiana francese e il
Suriname, Paesi poco visitati, così decido di fermarmi a Paramaribo
dove il suo centro storico è patrimonio dell’umanità. Mi dà noia
questa lingua olandese ai caraibi, così torno a navigare. Una
volta arrivato alle isole di Trinidad e Tobago mi accorgo di questa
barriera di isole famosissime partendo da sud Grenada, San Vincent e
Grenadine, Barbados, Santa Lucia, Martinica, Dominica, Guadalupa,
Montserrat, Antigua e Barbuda formano una vera e propria cintura che
chiudono il mar dei Caraibi. Ovviamente amo abbattere i muri e navigo
il cristallino Mar
dei Caraibi. Arrivo
all’isola
che non c’è, a Bajo Nuevo Bank, un piccolissimo atollo, disputato
da tutti i Paesi vicini, alla fine l’ha conquistata la Colombia, la
più distante di tutti. Un paradiso caraibico deserto inabitato. Per
non trovarmi di fronte alle imbarcazioni dei narcos scappo
velocemente in Giamaica a ballare un po’ di reggae. Da qui vado a
fare volontario ad Haiti, il Paese più povero dei Caraibi. Rimarrò
davanti a delle situazioni davvero estreme, dove non auguro a nemmeno
al
mio peggior nemico, non si può ancora vivere in certe situazioni nel
XXI’ secolo. Dopo il lavoro
sociale, vado a ballare un po’ di merengue sulla Repubblica
Domenicana
e
un po’ di salsa a Cuba, sulla ex isola di Fidel, oramai ex, perché
il vento è cambiato…anche se quando c’era lui, non capirò mai
Guantanamo. Punto verso il canale di Panama, ma prima fermandomi alle
isole San Blas, dove le sue idilliache isole sono sempre
sui depliant delle agenzie di viaggio.
Dopo
l’Oceano Atlantico navigo il Pacifico fino alle Isole Galapagos ad
ammirare le innumerevoli specie protette. Continuo
il mio viaggio fino ad Hanga Roa, a Rapa Nui, la nostra Isola di
Pasqua. Vedere gli immensi moai è impressionante, hanno una carica
energetica incredibile. Da
Haiti mi ritrovo nelle splendide isole di Tahiti e qui mi concedo una
pausa sulle favolose spiagge bianche a sorseggiare il succo del
cocco, ben appunto a coccolarmi nell’acqua bassa color smeraldo e
turchese. Navigare in questo arcipelago c’è l’imbarazzo della
scelta, ogni
isola
è più bella dell’altra. Oltrepasso le Isole Cook fino a Tonga.
Scelgo un’isola disabitata lambita da una spiaggia bianca con la
barriera corallina ricoperta da una foresta tropicale. Questo sì, è
veramente un paradiso terrestre! Navigo
le Fiji con le sue coste frastagliate, le spiagge costellate da palme
e le barriere coralline con lagune limpide e arrivo a Vanuatu a
scoprire la cultura melanesiana. Navigo il Mar dei Coralli
costeggiando la famosa barriera corallina australiana e a nord il
Mare delle Salomone. Decido di non andare verso le Filippine perché
le conosco già molto bene e prendo lo Stretto di Torres tra
l’Australia e la Papua Nuova Guinea e mi ritrovo sul Mare
degli
Arafura,
Mar di Banda e nel Mar delle Molucche dove
mi
fermo nelle isole delle
spezie. Costeggio le Sulawesi nel Mare di Celebes e qui deve
velocizzare le manovre perché è pieno di pirati e devo stare
attento al gruppo paramilitare
separatista islamico
filippino
degli Abu Sayyaf e
entro a vele spietate verso lo Stretto di Makasar fino alle acque
“tranquille” del Mar di Giava. Anche l’Indonesia è fantastica
e mi lascia delle ottime sensazioni. Grazie allo Stretto di Singapore
mi
dirigo verso il Mare delle Andamane a visitare le sue omonime isole.
Ultimo paradiso del mio viaggio dove mi merito un po’ di relax
prima della grande azione. Una volta ricaricato le batterie salpo per
il Golfo del Bengala e attracco a Puri, al tempio di Jagannath, uno
dei più sacri dedicati
all’aspetto congiunto di Krsna-Visnu come Jagannatha, il Dio
dell’Universo.
Mi
accorgo di un bambino di strada, scalzo, senza neanche uno straccio
addosso con la passione del mare, innamorato pazzo delle
imbarcazioni, mi avvicino e gli sussurro nell’orecchio: “ Lo vedi
quel catamarano”, indicando la mia imbarcazione. “E’ tua!”
Ivan
Ske
COSE
STRANE DAL MONDO
LE
FOTO DI IVAN SKE
e io neanche volevo farmi la barba, continuavo a dire no, alla fine il barbiere insisteva e ho accettato. Solo dopo ho capito che ho rifiutato la macchinetta, il rasoio, ma ho detto sì alla crema depilatoria senza saperlo.
ANGOLO
DEI LIBRI
INVITO ALLA LETTURA
di Ivan Ske
INVITO ALLA LETTURA
di Ivan Ske
Alex
Zanotelli
KOROGOCHO
ALLA
SCUOLA DEI POVERI
“Dio
dove sei? Datti da fare”, dice Alex Zanotelli in quel “
sotteraneo della storia” che è stata l’esperienza a Korogocho,
baraccopoli di Nairobi. “Battezzato dalla povertà”, padre
Zanotelli comincia a combattere la sua battaglia contro il colossale
sociale del continente Africa. Tutto parte dalle inchieste di
“Nigrizia” sulla malacooperazione e sui traffici illeciti di
armi, che gli conferiscono l’immagine di uomo libero, non pilotato
da alcun interesse che non fosse quello
dei “dannati della Terra”. Silurato da una connection
partiticovaticana, è tra il fango e i poveri di Korogocho che trova
la sua piena dimensione umana e missionaria, ma sempre “agendo
localmente e pensando globalmente”.
una
grande energia sorridere
mangiare
il mondo correre all’orizzonte
ruggire
emozionarsi
Non perdiamoci di vista... l’appuntamento è per il Graffio di Maggio
Non perdiamoci di vista... l’appuntamento è per il Graffio di Maggio
e
ricordatevi sempre di chiudere gli occhi e di non smettere mai di
sognare ...
perché il viaggio più bello, si trova nei vostri sogni ...
perché il viaggio più bello, si trova nei vostri sogni ...
Grande numero del Graffio con l'Iran di un Grande Viaggiatore. Anche se il pezzo migliore di questo numero è senza dubbio IL VIAGGIO IMMAGINARIO.
RispondiEliminaGrazie di esistere e a presto per nuove avventure
robertoburacchini.blogspot.com
Il viaggio immaginario si potrebbe fare un libro con più di 200 pagine, ho semplicemente sintetizzato tutto per una lettura comoda e veloce. Volendo si potrebbe ampliare la Storia di Genova, il triangolo dei cetacei tra Sanremo e Portofino, scrivere quotidianamente quello che succede in barca, allargare il discorso della nostra amata Sardegna, i giovani a Ibiza e un discorso sul divertimento dei giovani. Alle Canarie tirar su una barcastoppista e creare una storia d'amore, dove vivendo in barca insieme nasce un bellissimo amore, ma anche dei disguidi, dei primi battibecchi fino ad arrivare in Brasile e lei che si ingelosisce per un ballo di troppo con una brasilera (beh sì un luogo comune ci vuole anche) e dopo l'ennesima litigata lei decide di far volontariato fissa ad Haiti e io proseguo il viaggio da solo. Approfondire i Caraibi, inventarsi una bella storia con i narcos, anche esagerando con il sommergibile dei narcos che esce dall'acqua e quasi mi tira su la barca oppure grazie ai narcos non passare dal canale di Panama per non pagare la tassa di passaggio e trasportare la barca via terra solo perché li hai trovati in difficoltà in mezzo al mare e gli hai dato una mano e loro vogliono contraccambiare il favore. Sulle Galapagos potrei scrivere l'evoluzione darwiana contro i Veda. Potrei scrivere una leggenda sull'Isola di Pasqua. Un'altra storia d'amore alla Marlon Brando in Polinesia e poi mi fermerei in Papaua Nuova Guinea e parlare dei tagliatori di testa, un altro po' di volontariato in Indonesia, un attacco pirata tra questi mari dove mi salvano i delfini, grazie alla meditazione quotidiana sono connesso con tutti i mammiferi del mare e mi vengono a salvare. A sto punto mi fermerei a parlare del turismo sessuale in Thailandia prima di arrivare alle Andamane e infine, anzi fin dall'inizio del libro sovrapporre la storia del bambino indiano poverissimo, un intoccabile, sottocasta, parlar del suo amore per il mare, e io senza conoscerlo gli regalo la barca alla fine.
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