IL
GRAFFIO DEL VIAGGIATORE
Per
scrittori anarchici …completamente liberi
Anno 4 – Numero 49 – Febbraio 2019
Buon compleanno Graffio!
Questo è il quarto anno e finalmente uno squisito regalo e saluto da parte del
Presidente Alessandro regalandoci un po' di musica da ascoltare e vedere
mentre, come la tradizione vuole, riproporrò gli highlights dell'anno passato
insieme.
Grazie di cuore a tutti.
Voleremo sempre più in alto, graffiando il cielo di parole viaggianti.
Chan Chan - Playing For Change - Song Around The World
Sarebbe così bello essere tutti uniti sulla stessa nota...i diritti uguali per tutti.
https://www.youtube.com/watch?v=klma_WjS-rg
The Jacobites - Where The Rivers End
E ora un piccolo assaggio dell'anno che verrà:
https://drive.google.com/file/d/1MknxJnxKHhXQJD34yVFvrb9ZM7T0No8U/view
Un cortometraggio sul Marocco di Carlo Amato
HIGHLIGHTS
IRANIANI
di Roberto B.
Un
viaggio in Iran è fatto di persone, tutti me lo avevano detto, ma
fino a che non lo provi sulla tua propria pelle, non puoi
descriverla.
Conosciamo
Reza e Afsaneh diretti a Rafsanjani. Scambiamo poche parole, ma
passiamo dei bellissimi momenti con loro fino a ritrovarsi sul vagone
ristorante con la cena già pagata da loro precedentemente. Ci
invitano a scendere con loro a Rafsanjani dove vorrebbero ospitarci
per i prossimi giorni; rifiutiamo a malincuore, ma gli promettiamo di
ripassare dalle loro parti una prossima volta. Così ci accoglie la
gente iraniana, dopo meno di 24 ore dal nostro arrivo.
FILIPPINI
di Susy
Mi
ha sorpreso l'accoglienza del popolo filippino, sopratutto nei luoghi
meno battuti dal turismo di massa. Poi la bellezza del mare, secondo
i miei criteri ,ovviamente, ad oggi, forse il più bello di quelli
visti fino ad ora.
Poi
ci sono tutte le piccole sensazioni provate durante il viaggio che
per me sono importantissime ma nello stesso tempo difficilissime da
spiegare con le parole perché legate all'incontro con le persone ed
al sentirsi perfettamente in sintonia tanto da non farmi sentire
straniera a casa loro.
SIERRA
LEONE
Un
inferno chiamato Serra Leone, ma anche le fiamme hanno una luce.
Di
Iapo
...Il
"mio" inferno si chiama Sierra Leone.
E non ha bisogno nè di fiamme, nè di fumo e nè di tenebre, perché di dolore, sofferenza, angoscia e morte, ne dispensa in gran quantità già così com'è, allo stato naturale...
E non ha bisogno nè di fiamme, nè di fumo e nè di tenebre, perché di dolore, sofferenza, angoscia e morte, ne dispensa in gran quantità già così com'è, allo stato naturale...
Dominano
le industrie estrattive, principalmente ferro, bauxite e soprattutto
diamanti, la cui estrazione e distribuzione è stata in larga parte
data in concessione ai cinesi dal governo della Sierra Leone...
In
rappresentanza dell'associazione "Big Fish", ed invitati da
Cecilia Strada nel Settembre del 2016, io e Bruce ci siamo recati in
Sierra Leone con l'intento di raccogliere materiale video al fine di
dare vita ad una sorta di cortometraggio-documentario-testimonianza
sulla struttura ospedaliera di Emergency verso la quale, IN TUO NOME,
abbiamo devoluto la quasi totalità degli incassi dell'evento che dal
2009 organizziamo nel ricordo della meravigliosa persona che sempre
sarai, il "Big Fish Day".
In Sierra Leone, presso la città di Goderich, Emergency è presente dal 2001 con un ospedale che ha curato circa 720.000 persone in meno di 20 anni...
In Sierra Leone, presso la città di Goderich, Emergency è presente dal 2001 con un ospedale che ha curato circa 720.000 persone in meno di 20 anni...
Dall'alto
della nostra quota di volo, assistiamo ad un altro spettacolo
mozzafiato: il rosso della sabbia del Sahara ci lascia così come ci
aveva dato il benvenuto: con una rasoiata di precisione chirurgica
che taglia l'Africa settentrionale con una linea retta che si allunga
a perdita d'occhio; fa il suo ingresso il verde fitto ed intenso
delle foreste dell'Africa subsahariana.
La
Sierra Leone dall'alto è così bella che toglie il respiro:
un'esplosione di verde fittissimo squarciato da un numero
incalcolabile di fiumi dalla portata d'acqua impressionante…
Scopriamo
che l'aeroporto internazionale non è situato nella capitale,
Freetown, bensì a Lungi.
Questo perché Freetown ed il resto del paese sono praticamente irraggiungibili via terra, a causa dell'intricatissimo e super ramificato sviluppo degli imponenti sistemi fluviali.
Sotto una pioggia torrenziale, inizia quindi un vero e proprio viaggio della speranza che ci porta dall'aeroporto ad un bus, dal bus ad un porticciolo, da lì saliamo sopra un battello, dal battello raggiungiamo un attracco presso Freetown, la capitale della Sierra Leone…
Questo perché Freetown ed il resto del paese sono praticamente irraggiungibili via terra, a causa dell'intricatissimo e super ramificato sviluppo degli imponenti sistemi fluviali.
Sotto una pioggia torrenziale, inizia quindi un vero e proprio viaggio della speranza che ci porta dall'aeroporto ad un bus, dal bus ad un porticciolo, da lì saliamo sopra un battello, dal battello raggiungiamo un attracco presso Freetown, la capitale della Sierra Leone…
Otto
giorni caratterizzati da un bombardamento di immagini che la mia
mente non potrà mai dimenticare.
Abbiamo visto il dolore, l'afflizione, lo strazio, in quantità impossibili da sopportare.
Abbiamo visto la sofferenza, l'angoscia, il tormento, ai livelli più alti che si possa immaginare.
Abbiamo visto delle persone salvate.
Abbiamo visto delle persone morire.
Abbiamo visto un popolo senza alcuna prospettiva, un popolo senza possibilità, senza un briciolo di aspettative.
Un popolo senza opportunità, senza futuro, senza salvezza.
Abbiamo visto persone non avere nulla, niente di niente, se non una cosa, che hanno in grande abbondanza: le malattie.
Tante.
Quasi tutte…
Abbiamo visto il dolore, l'afflizione, lo strazio, in quantità impossibili da sopportare.
Abbiamo visto la sofferenza, l'angoscia, il tormento, ai livelli più alti che si possa immaginare.
Abbiamo visto delle persone salvate.
Abbiamo visto delle persone morire.
Abbiamo visto un popolo senza alcuna prospettiva, un popolo senza possibilità, senza un briciolo di aspettative.
Un popolo senza opportunità, senza futuro, senza salvezza.
Abbiamo visto persone non avere nulla, niente di niente, se non una cosa, che hanno in grande abbondanza: le malattie.
Tante.
Quasi tutte…
Ripenso
alle centinaia di cittadini della Sierra Leone che ho incontrato in
una settimana lungo i corridoi di quella struttura.
Ripenso ai loro occhi, ai loro volti, alle espressioni, agli sguardi che ho incrociato.
Ripenso ai bambini, ai loro sorrisi, alle loro grida, alle lacrime delle loro mamme davanti ad una realtà che pare più orribile del peggiore incubo.
Ripenso al lavoro quotidiano di un gruppo di eroi, miei coetanei e più giovani di me, che hanno stabilito come priorità assoluta quella di salvare delle vite umane.
Le vite di persone dimenticate dal proprio governo, e da qualunque altro governo del mondo.
Dimenticate da tutti...
Ripenso ai loro occhi, ai loro volti, alle espressioni, agli sguardi che ho incrociato.
Ripenso ai bambini, ai loro sorrisi, alle loro grida, alle lacrime delle loro mamme davanti ad una realtà che pare più orribile del peggiore incubo.
Ripenso al lavoro quotidiano di un gruppo di eroi, miei coetanei e più giovani di me, che hanno stabilito come priorità assoluta quella di salvare delle vite umane.
Le vite di persone dimenticate dal proprio governo, e da qualunque altro governo del mondo.
Dimenticate da tutti...
Nelle
pause, a volte lunghe, tra una ripresa e l'altra, ero solito sedermi
lungo un muretto non distante dal reparto di pediatria; quei bambini
erano belli come la vita stessa.
Pensavo a quanto è diverso il mondo in cui viviamo, anche solamente a poche ore di aereo da un punto all'altro.
Me ne stavo lì ricurvo col telefono in mano a fissare quei bambini stupendi, e pensavo a quanto sono profondamente differenti le nostre vite nel benestante occidente da quelle di altri esseri umani uguali a noi, nati purtroppo per loro ad altre latitudini del pianeta Terra.
Latitudini meno "fortunate"…
Pensavo a quanto è diverso il mondo in cui viviamo, anche solamente a poche ore di aereo da un punto all'altro.
Me ne stavo lì ricurvo col telefono in mano a fissare quei bambini stupendi, e pensavo a quanto sono profondamente differenti le nostre vite nel benestante occidente da quelle di altri esseri umani uguali a noi, nati purtroppo per loro ad altre latitudini del pianeta Terra.
Latitudini meno "fortunate"…
Mentre
mi guardavo intorno, però, vedevo persone che non avevano nulla, se
non un impressionante numero di malattie.
Assolutamente nulla.
Che strana società, amico Pesce, quella che permette durante i secoli la nascita e lo sviluppo di squilibri di dimensioni così gigantesche.
Che strana società, amico Pesce, quella che concede a qualcuno di avere tutto, anzi troppo, moltiplicato un milione di volte, e condanna altri a non avere niente, ma davvero niente, nemmeno qualcosa da mettere in bocca per non morire di fame.
Una società nella quale se parli di compassione, pietà, sostegno a chi ha di meno, vieni etichettato come "buonista".
Una società nella quale se parli di solidarietà, fratellanza, integrazione, vieni chiamato "moralista".
Una società nella quale se parli di diritti civili, disuguaglianza sociale, pari opportunità, vieni definito "comunista".
Ci siamo arresi.
Forse l'abbiamo fatto senza l'intenzione di farlo, involontariamente.
Ma l'abbiamo fatto.
Abbiamo deciso, inconsciamente o volutamente, di abbassare lo sguardo.
L'abbiamo abbassato al punto tale che il campo visivo ci permette di osservare solamente la ridicola superficie del nostro insulso orticello.
Non riusciamo a scorgere nulla di ciò che accade oltre quella fragile staccionata.
O forse non vogliamo farlo.
Forse non ci interessa.
L'unica cosa che ci preme è che il NOSTRO pezzettino di terra sia perfettamente ordinato, filo d'erba per filo d'erba, senza che si senta il bisogno di prestare interesse ed attenzione a ciò che accade anche solamente a pochi metri di distanza dal nostro piccolo angolo fatto di certezze e punti fermi.
Abbiamo scelto di vivere sperando che QUEL destino non tocchi mai noi e le nostre famiglie, illudendoci che le opportunità alle quali abbiamo avuto la possibilità di accedere solamente per il fatto di essere nati dove siamo nati, e non altrove, restino per sempre un NOSTRO diritto immutabile, saldamente stretto nelle nostre mani.
In Africa ho visto l'inferno, Pesce.
Un inferno chiamato Sierra Leone.
E' un gigantesco pozzo oscuro, sul fondo del quale brilla una piccola luce.
E' una luce che in principio mi era parsa debole, tenue, quasi stanca, ma che col passare del tempo si è fatta più intensa, diventando giorno dopo giorno sempre più intensa, vigorosa, forte.
Una luce generata da Paolo, Gennaro, Simona, Fabio, Silvia, Carmine, Valeria e da tutti gli altri formidabili collaboratori di Emergency.
Un team di personaggi incredibili che hanno deciso di dedicare la propria vita al salvataggio e al miglioramento di quella di poveri disgraziati dimenticati da TUTTO e da TUTTI…
Assolutamente nulla.
Che strana società, amico Pesce, quella che permette durante i secoli la nascita e lo sviluppo di squilibri di dimensioni così gigantesche.
Che strana società, amico Pesce, quella che concede a qualcuno di avere tutto, anzi troppo, moltiplicato un milione di volte, e condanna altri a non avere niente, ma davvero niente, nemmeno qualcosa da mettere in bocca per non morire di fame.
Una società nella quale se parli di compassione, pietà, sostegno a chi ha di meno, vieni etichettato come "buonista".
Una società nella quale se parli di solidarietà, fratellanza, integrazione, vieni chiamato "moralista".
Una società nella quale se parli di diritti civili, disuguaglianza sociale, pari opportunità, vieni definito "comunista".
Ci siamo arresi.
Forse l'abbiamo fatto senza l'intenzione di farlo, involontariamente.
Ma l'abbiamo fatto.
Abbiamo deciso, inconsciamente o volutamente, di abbassare lo sguardo.
L'abbiamo abbassato al punto tale che il campo visivo ci permette di osservare solamente la ridicola superficie del nostro insulso orticello.
Non riusciamo a scorgere nulla di ciò che accade oltre quella fragile staccionata.
O forse non vogliamo farlo.
Forse non ci interessa.
L'unica cosa che ci preme è che il NOSTRO pezzettino di terra sia perfettamente ordinato, filo d'erba per filo d'erba, senza che si senta il bisogno di prestare interesse ed attenzione a ciò che accade anche solamente a pochi metri di distanza dal nostro piccolo angolo fatto di certezze e punti fermi.
Abbiamo scelto di vivere sperando che QUEL destino non tocchi mai noi e le nostre famiglie, illudendoci che le opportunità alle quali abbiamo avuto la possibilità di accedere solamente per il fatto di essere nati dove siamo nati, e non altrove, restino per sempre un NOSTRO diritto immutabile, saldamente stretto nelle nostre mani.
In Africa ho visto l'inferno, Pesce.
Un inferno chiamato Sierra Leone.
E' un gigantesco pozzo oscuro, sul fondo del quale brilla una piccola luce.
E' una luce che in principio mi era parsa debole, tenue, quasi stanca, ma che col passare del tempo si è fatta più intensa, diventando giorno dopo giorno sempre più intensa, vigorosa, forte.
Una luce generata da Paolo, Gennaro, Simona, Fabio, Silvia, Carmine, Valeria e da tutti gli altri formidabili collaboratori di Emergency.
Un team di personaggi incredibili che hanno deciso di dedicare la propria vita al salvataggio e al miglioramento di quella di poveri disgraziati dimenticati da TUTTO e da TUTTI…
"I
diritti degli uomini devono essere di tutti.
Proprio di tutti.
Altrimenti chiamateli privilegi"
- Gino Strada -
Proprio di tutti.
Altrimenti chiamateli privilegi"
- Gino Strada -
LIBANO
AL CONFINE CON LA SIRIA, GLI HEZBOLLAH SONO UN BENE O UN MALE?
Di Cristina F.
...Beirut,
la capitale, sfarzosa e sfacciatamente benestante, con negozi di
grandi marche, i suoi locali eleganti, i suoi mega centri
commerciali, le donne tutte in tiro che fanno l’aperitivo con le
amiche nei locali trendy, mentre nel tavolo accanto c’è la badante
nera che si occupa di suo figlio ( perché lei “giustamente” si
gode le amiche e il bimbo non deve essere seduto allo stesso tavolo).
Oppure l’uomo che esce dal negozio con la “schiava nera” che
minuta trasporta una scala seguendo il padrone, scene abbastanza
esplicite che non ho gradito...
Le
montagne che vediamo dopo la vallata è la Siria, non nascondo
l’emozione che ho provato : un misto di agitazione e curiosità,
l’adrenalina del rischio, ma anche il timore per tutte le storie
che ho letto in questi anni. Ennesimo blocco stradale, i militari ci
chiedono i passaporti e poi ci lasciano proseguire. A pochi km
notiamo dei campi grandissimi, non sappiamo dire di cosa, proviamo ad
indovinare, ma è impossibile perché il nostro amico ci informa che
sono campi di hashish !!!! Distese immense di piantagioni a cielo
aperto lungo la strada principale, a pochi passi dai militari che
naturalmente sanno tutto, ma quelle zone sono “abbandonate a se
stesse” e la gente si mantiene con la droga. Poi iniziano i campi
profughi siriani e lì la stretta al cuore, un conto è vederli in
tv, l’altra è dal vivo, povera gente che ha perso tutto e
sopravvive in condizioni disumane, baracche di lamiera, tende sotto
il sole rovente e poi ci si chiede perché questa gente non se ne
torna a casa sua …
I
siriani (per lo più venditori ambulanti) che abbiamo incontrato
lungo il viaggio mi hanno colpito molto per la dignità e per la
profondità del loro sguardo…
HEZBOLLAH.
Ne avevo sentito parlare di sfuggita … il “partito di Dio”,
organizzazione criminale a detta di molti, salvatori del Libano
secondo altri… Arrivati a Tyr, cominciamo a vedere delle strane
bandiere gialle accanto a quelle del Libano, vi è rappresentato un
kalashnikov e scopriamo che sono quelle di HEZBOLLAH. Parlando con un
signore di Byblos a favore di Hezbollah, ci dice che loro hanno
fermato DAESH che altrimenti sarebbe entrato in Libano, che
l’organizzazione ha protetto e aiutato la gente. Ci racconta come
anni fa, le persone abbiano cominciato ad armarsi temendo che l’ISIS
oltrepassasse il confine siriano, anche lui si era comprato una
pistola. Un giorno passiamo di fronte un cimitero musulmano, entriamo
a dare un’occhiata e in mezzo a tanto bianco spicca una sezione a
parte dove sventolano bandiere gialle, tombe con strati di plexiglass
con le gigantografie dei martiri di Hezbollah, tombe molto kitsch di
ragazzi giovanissimi, sembra un santuario, mi ha molto colpito molto
la devozione che si respirava in quel posto : tanti fiori, musica da
altoparlanti, addirittura i cofanetti con oggetti cari dei defunti.
Il
Libano terra di “fuoco”, mix di cristiani maroniti, sunniti,
sciiti e drusi, non facile per il traffico estenuante e la spazzatura
incontrollata, terra di sfarzi e campi profughi, ma anche qui ho
intravisto quell’ “umanità” che ci caratterizza tutti e sono
tornata a casa con una nuova lezione di vita.
CHAI COFFEE CHAI! CHAI COFFEE CHAI!
di Irene M.
...Una
bambina secca come un chiodo e il visino sporco di nero fa le
contorsioni in mezzo al traffico e mi guarda con immensi occhi
tristi: è bellissima…
Old
Delhi invece è un dedalo infernale di viuzze piene zeppe di gente
che va in tutte le direzioni senza alcun ordine apparente, uomini,
bambini, donne, vecchi, mucche, capre, il tutto è assordante, ti
disorienta, ti fa venir voglia di urlare basta e ti tappi le
orecchie, lo smog è asfissiante, la gente varia e colorata, tutti
sono in movimento perenne ma non ti perdono d’occhio, ti fissano
senza discrezione. I sensi sono anestetizzati: la vista dal viavai
incessante, l’olfatto dal fortissimo olezzo di merda, spezie e
frittura, l’udito dal folle clacsonare e dal vociare di centinaia
di esseri, la bocca impastata dall’umidità e dalla polvere…
Al
ritorno a Delhi, ho provato una sensazione davvero inaspettata:
stavolta, nonostante l’afa, Delhi mi sembra familiare ed
accogliente, già “casa”…dopo cena vado da sola in albergo e
quella strada affollata e rumorosa non mi fa più paura, anzi sorrido
alla gente che mi guarda e mi saluta mentre io rispondo namastè col
ghigno soddisfatto di chi si sorprende di se stesso!
...Questo
è un viaggio di persone più che di luoghi. Sono le persone qui che
mi attirano: sono troppe…
Vorrei
tanto che tutto fosse più rallentato, più riflessivo…
Mi
allontano pensierosa…non saprò mai cosa davvero pensa e prova una
donna indiana in quelle condizioni. Ma non riesco a non invidiarla,
per essere madre…
Taj
Mahal...
Sarà perché è un monumento all’amore, perché è imponente ma fa
effetto. Per la prima volta sono emozionata…
Alla
bus station si vedono scene di disperazione di alcune donne per la
partenza di un’amica, per poco non si strappano i capelli, urlano,
si battono il petto ma appena la tipa sale sul bus tutto si placa, di
punto in bianco…
preparo
la mia cuccetta (si fa per dire) e scrivo il diario mentre Zumbina
sclera e dice che avrà bisogno di un anno di terapia per dimenticare
tutta questa merda! Ci pieghiamo in due dalle risate, io ho le
lacrime agli occhi e quando torna dal bagno e urla: “Ma come cazzo
ci è salita la mucca qui sopra???
...mi
metto seduta davanti al Gange. Non è la sacralità di questo fiume
che mi colpisce…è la sua leggenda, la sua storia, il suo fluire
così carico di vita e di morte. L’acqua ha sempre un forte potere
su di me. Un fiume, il mare, il cambiamento continuo nel suo restare
uguale a sé, sempre. Perciò stasera sto bene. C’è finalmente il
fiume. L’acqua trova da sola la via al mare. L’aria cosparsa di
fumi soffoca spiriti, fiacca anime e dona la vita…
villaggi
di capanne con le donne dal viso tatuato della tribù dei Konda,
bimbi sorridenti che ci inseguono e giocano con noi, agnellini,
caprette e donne che trasportano acqua sulla testa con una postura
così eretta che sembrano non facciano alcuno sforzo, vestite di
verde come a mimetizzarsi con questa natura così benevola e
avvolgente, silenziosa, paziente. Bellissimo. Respiro e mi riempio
gli occhi e l’anima di tutta questa pace…
visitiamo
una scuola, i bimbi sono seduti in terra e le loro sacche di tela
servono da piano per poggiare i quaderni, hanno i grembiulini azzurri
e i piedi scalzi. Vorrei farli vedere ai miei alunni che si lamentano
quando nell’aula manca l’attaccapanni!
Là
dove cielo e terra s’incontrano, nuvole danzano avvinghiate agli
spiriti della foresta. Rocce di un nero mortale emergono dal mantello
verde della dea terra mentre frammenti di montagne vengono cancellati
da un creatore beffardo. Ed io gioco in questo scenario. Volteggio
tra le cime, mi bagno della rugiada degli alberi. Sorrido al sole
scherzoso ed accarezzo l’inconsistenza di fantasmi alati.
Una
campagna lussureggiante, come ancella di proibiti misteri, finalmente
toglie i veli che nascondono il suo tesoro. Respiro acqua e trasudo
melodie ma improbabili guardiani controllano il fluire della vita.
Legno umido, foglie traslucide, fiumi come di cioccolato e disegni di
vite vissute in altri tempi compaiono da più punti lasciando
intravedere scorci proibiti. Come poter non gioire di questa danza
ultraterrena? Se degli insetti modellano la terra per innalzare
colonne al cielo, se vene d’acqua corrono precipitosamente, se
alberi differenti sopravvivono in simbiosi in un amplesso intricato
di rami e linfe, se spicchi di cielo adornano il suolo umido, io non
posso e non devo rimanere spettatore. Devo entrare come attore in
tale rappresentazione: spero di essere degno dell’opera perché in
essa risiede parte della mia gioia
d’essere…
Ci
sono delle donne che iniziano a spalare e caricare pietre in una
specie di betoniera…che lavoro tosto, ed io che mi lamento per il
caldo!
...Siamo
andate alla casa di Madre Teresa ed è stato molto emozionante.
Abbiamo lasciato una donazione, chiesto se potevamo essere di aiuto
ma erano al completo e poi abbiamo seguito un bimbo che ci ha portati
in un posto dove gli abbiamo comprato del latte in polvere, su sua
esplicita ed insistente richiesta…
La
cena era sulla terrazza di un grattacielo, si è mangiato bene ma
quando sono andata al bagno era occupato da un topolone di città che
non faceva complimenti. Pure al 30esimo piano??? Mah! Quest’India
non finirà mai di stupirmi.
CAMBOGIA 2002
FIGLIA DI MAMMA'
di Marco L.T.
...una
capanna enorme con almeno una cinquantina di persone intente a vedere
una telenovela italiana, tradotta in cambogiano da un’unica voce
che interpreta tutti i personaggi, sia maschili che femminili, in un
minuscolo televisore, tutti insieme appassionatamente a non perdersi
nemmeno un’immagine.
Dopo
ci fermiamo a rinfrescarci in un chiosco e dalla giungla spuntano
delle bambine, spinte dalle proprie madri dal vuoto assoluto…
Lui
contentissimo si dirige in mezzo alla giungla infinita e torna con
una montagna di erba. La taglia col machete senza problema e inizia a
caricare cilum e pipe artigianali, probabilmente fatte con le proprie
mani. Noi sorpresi abbiamo iniziato a fumare e a conoscerci. Per lui,
l’erba è tutto: la fumava, la beveva nel tè e se la mangiava
persino. Sì avete capito bene, la cucinava. Un vero e proprio
erbivoro!
MONT S. MICHEL: LA "MERVEILLE"
NORMANDIA FRANCIA
di Carlo Amato
La
definizione di "piramide del mare", coniata da Victor Hugo,
ben si addice all'inconfondibile profilo di Mont Saint Michel, isola
circondata dai flutti nei periodi di alta marea mentre la bassa marea
lascia scoperti vasti tratti sabbiosi intorno all'isolotto roccioso…
Arrivare
a Mont Saint Michel di notte è davvero emozionante, l'abbazia si
scorge da lontano illuminata sullo sfondo di un cielo nero che rende
ancora più suggestiva l'immagine.
VOLOGDA, RUSSIA
di Adalberto Buzzin
ascolto
con educazione ... poi mi stringe la mano, ringrazio e torno a
sedermi, respiro un'aria che non è la mia, la sento dentro .... La
mente vola lontano ... rivedo volti che ho amato e che sono volati
via ... la caducità della vita, respiro questi momenti con dolce
malinconia, la porta della chiesa si apre e una voce sottile mi dice
che devo uscire…
RIFLESSIONE DI UN VIAGGIATORE LIBERO DURANTE
UN CLIMA DITTATORIALE
di Rudy
Chissà
se tutto questo ritornerà come PRIMA o se finalmente cambierà
questo sistema che senza distinzione di aree di appartenenza ha
CONTAGIATO le menti e i comportamenti della maggioranza delle persone
che vivono, o spesso sopravvivono, su questo sofferente pianeta!
VIAGGIO IMMAGINARIO
IL VERBO
di Susy
Non
vedo l’ora di tornare in Iran per poter finalmente comunicare con
la mia famiglia “adottiva” iraniana. Sono tutti contenti che
conosco il Farsi, ma mi accorgo che l’Iran è l’unico posto al
mondo dove non c’è bisogno di saper la lingua, perché il suo
popolo, i Persiani, parlano col cuore.
Tutti
coloro che vogliono intervenire con un loro pensiero, argomento,
articolo di viaggio e non, sono invitati calorosamente a farlo. Sarà
pubblicato sul prossimo numero del Graffio del Viaggiatore.
Grazie mille
ilgraffiodelviaggiatore@gmail.com
Grazie mille
ilgraffiodelviaggiatore@gmail.com
una
grande energia sorridere
mangiare
il mondo correre all’orizzonte
ruggire
emozionarsi
Non perdiamoci di vista... l’appuntamento è per il Graffio di marzo
Non perdiamoci di vista... l’appuntamento è per il Graffio di marzo
e
ricordatevi sempre di chiudere gli occhi e di non smettere mai di
sognare ...
perché il viaggio più bello, si trova nei vostri sogni ...
perché il viaggio più bello, si trova nei vostri sogni ...