domenica 17 giugno 2018

APRILE 2018


                 
          IL GRAFFIO DEL VIAGGIATORE
       Per scrittori anarchici …completamente liberi

Anno 3 – Numero 39 – Aprile 2018

Anarchici... mi sa che in questo periodo sia la cosa migliore, visto l’andamento della nostra situazione politica italiana.


I GRAFFI DI APRILE


RICORDI ERITREI

                               

Non è facile sintetizzare l'Eritrea, ma in due parole posso dirti che l'Eritrea ha mille facce nascoste, di cui il governo ha ancora molto da fare e migliorare specialmente con il suo Popolo. Quello che abbiam potuto vedere noi, è solo la faccia migliore dell'Eritrea, ma mi ha molto colpito il rispetto degli eritrei nei nostri confronti. Per esempio quando mi inseguivano i bambini, gli adulti li riprendevano sempre e li sgridavano di non disturbarmi e immediatamente si allontanavano obbedendo agli anziani. Anche quando ero a Ghinda senza alloggio alle undici di sera due ragazzi mi han salvato da tre ubriaconi che volevano importunarmi e grazie a loro li ha cacciati in tre parole difendendo l'essere Viaggiatore, ospite del loro Paese. Il ragazzo alla fine mi disse tre cose da non fare in Eritrea: 1) non parlare di politica 2) non uscire dopo le undici di sera 3) ricordati che siamo sempre in Africa. Anche se devo contraddirlo perché a parte in questo episodio, sono sempre uscito la notte senza nessun problema.
Io non viaggio per la Natura, perché l'Italia non è seconda a nessuna nazione, però bisogna dire che l'arcipelago Dahlak è veramente eccezionale, i loro atolli con quelle lingue di sabbia bianche e il suo mare trasparente pieno di vita tra i vari tipi di pesce e coralli sembrava davvero di vivere dentro ad uno dei migliori acquari del mondo.
La ferrovia costruita dagli italiani da Asmara da 2400 mt fino a Massawa sul mare è all'apice dell'ingegneria, è sorprendente vedere come si inerpica tra monti, valli e meravigliose gole.
I costumi delle donne tigrine e le loro acconciature con i mille modi di fare le trecce, i pastori sempre con i loro bastoni mi sono rimasti impressi nella mente, vivono ancora, per fortuna, la loro tradizione con orgoglio. Non si sono lasciati coinvolgere neanche dalla musica occidentale rimanendo fedele ai loro strumenti musicali e alla loro cultura musicale.
Il cibo è squisito, hanno imparato molto bene dagli italiani, i forni fanno delle pizzette buonissime e i caffè dei pasticcini dolcissimi. Mi sono adattato subito alla cucina locale, a mangiare l'injera con le mani, anzi solo con la mano destra, la mano pura.
Non dimenticherò mai quanto pesavano quelle taniche che le povere bambine dovevano caricare sulla groppa dell'asino. Io appena le ho viste al pozzo nel villaggio di Keren ho voluto subito aiutarle, e te lo giuro se fosse stato un cavallo non so se ce l'avrei fatta a caricare le due taniche legate insieme, per fortuna l'altezza dell'asino mi ha salvato da una figuraccia.
Il murales "Welcome To Free Eritrea" agli occhi degli occidentali può essere un paradosso, visto la dittatura che tutti conosciamo, però la loro libertà non è da sottovalutare perché l'Eritrea è libera dai colonizzatori sanguisughe europei, ed è una vittoria molto significativa.
L'Eritrea ha ancora tanto da offrire e da scoprire... chissà forse un giorno potrò visitare i famosi guerrieri Cunama a Barentu, di cui il governo non mi lasciò il permesso per andarci.
Quindi è un arrivederci Eritrea!

Ivan Ske



                                                                IRAN



                                 Visualizzazione di P3122004.JPG                                          

TEHERAN                   

Venerdì rende le cose più difficili, e troviamo da cambiare solo grazie a dei cambiavalute non ufficiali. Ci aiuta un gioielliere che cambia i nostri 100€ in 5.500.000Ryal, sempre meglio del cambio in aeroporto. Lasciamo la zona di Ferdowsi st. in cerca di una colazione, ma i caffè sono quasi tutti chiusi e una simpatica signora/signore ( il governo iraniano aiuta con spese sanitarie coloro che vogliono cambiare sesso, ma paradossalmente i gay vengono perseguitati ) ci aiuta a trovare un tè e qualcosa da mangiare. Prima di lasciarci, ci saluta regalandoci 4 biscotti al cioccolato, ringraziandoci di essere in Iran.
Ci fermiamo a fare colazione nei pressi di una scuola dove un gruppo di giovani alla moda e poco rispettosi della legge islamica stanno monopolizzando la piazzetta di fronte all’istituto.
Alle 19.25 saliamo sul nostro treno notturno diretto a Kerman. Condivideremo la cuccetta con Ali, Mohammed, Reza e Afsaneh. Gente squisita e gentilissima, peccato per la lingua. Nessuno di loro parla un inglese anche minimo per una normale conversazione. Comunichiamo a gesti o con il Google traslate. Prima di accomodarci sui rispettivi letti, ci invitano a cenare con loro nella carrozza ristorante. Inutile insistere più di tanto, stasera saremo loro ospiti e ripagheremo la loro ospitalità il più presto possibile. Ceniamo con spiedini di pollo e riso, accompagnati da yogurt salato. Alle 23.30 ci accomodiamo tutti nella rispettiva cuccetta, e come primo giorno non possiamo che ritenerci più che soddisfatti.

Kerman

Dopo essersi scambiati idee sull’hotel da scegliere, chiediamo al tassista di farci portare al Abshar Talai Guesthouse, anche se il simpatico signore ci guarda subito male ci dice semplicemente NO GOOD !!! Decidiamo di proseguire con la nostra idea, ma una volta arrivati alla Guesthouse, ci accoglie un signore che non parla neppure una parola d’inglese, appena svegliato. Non esiste una reception, per terra ci sono vari oggetti che ci impediscono di entrare, ci guardiamo un attimo e decidiamo di cambiare opzione. Su consiglio dell’autista ( impareremo da oggi a fidarsi di tutti ).
La città è famosa per i vecchi Hammam. Ci rilassiamo all’Hammam Vakil, dove mangiamo un piatto di melanzane affumicate e due tè allo zafferano.
Ritorniamo in centro alle 17.30 per godere del tramonto sulla bellissima piazza principale, ciò che fu un tempo il caravanserraglio. Bambini che giocano a calcio, coppiette che si incontrano di nascosto per scambiarsi le prime effusioni e un gran via vai tra le vie del bazar, animano la serata di Kerman. L’ingresso di una tè house, ci invita a sedersi per fumare una shisha e bere un tè al cardamomo. Le poche persone incontrate che parlano inglese, ci salutano e si avvicinano subito, il primo impatto con gli iraniani è positivo, sembra gente generosa e gentile. Stasera ceniamo al bazar con riso e agnello allo spiedo, sempre seduti comodamente sui piccoli troni rialzati da terra. Togliersi le scarpe è obbligatorio e ricordatevi che da queste parti il coltello non è previsto.

Mahan – Shahdad - Kalut desert

Barehmi, il nostro autista è già seduto ad un tavolo sorseggiando un tè al cardamomo. Iniziamo subito a conoscerci, è un signore di 69 anni professore di storia in pensione.
Ci fermiamo per fare il pieno alla nostra auto e Barehmi ci chiede se possiamo anticipare noi. ( ecco ora ci spilla pure altri 400.000Ry, ah no dimenticavo siamo in Iran e devo lasciare a casa tutti i pregiudizi nei confronti del popolo iraniano). In 50 minuti, raggiungiamo il complesso Sufi dedicato a Ne’ Matullah Vali Kermani, considerato il Nostradamus dell’Iran. Un complesso molto interessante, con il suo caravanserraglio che sembra abbia ospitato anche i nostri famosi concittadini Polo.
Giungiamo al mausoleo principale dove un anziano sufi, canta inni in onore di Ne’ Matullah. Ringraziamo il custode per averci fatto visitare l’intero complesso e ci dirigiamo verso i giardini di Bagh-e Shahzadeh. A pochi chilometri dalla cittadina, i giardini si presentano con una serie di terrazze che scendono dalla collina con cascate di acqua che rompono il silenzio del luogo. Dalla sommità, si gode di una vista sui giardini e le montagne innevate che sovrastano Mahan. All’uscita, un giovane cinese ci chiede se possiamo dargli un passaggio per Bam, ma sfortunatamente non siamo diretti da quelle parti. Riprendiamo il nostro cammino solo dopo aver comperato 2 etti di pistacchi allo zafferano, nel parcheggio dei giardini. In circa un’ora di automobile, raggiungiamo la cittadina di Shahdad, dove Barehmi, ci fa visitare un vecchio mulino in disuso e una enorme cisterna d’acqua, dove l’eco che si può udire all’interno ci tiene occupati per qualche minuto. Siamo ai margini del deserto, dove palme e qanat ( canali per l’irrigazione) ci accompagnano lungo la nostra strada. In un punto non precisato della mappa, ci fermiamo per un pranzo a base di pollo e riso. Seduti su un enorme tappeto, all’interno di un caravanserraglio, Barehmi, continua a spiegarci perfettamente le tradizioni culturali del suo Paese, mentre noi sorseggiamo l’ennesimo tè. Alle 15.30, ci addentriamo nel deserto, e non appena avvistiamo le prime formazioni rocciose, scendiamo e sotto indicazioni di Barehmi, ci incamminiamo nel deserto. Ci indica una formazione a circa due ore di cammino; lui ci aspetterà là. Camminiamo nel deserto tra una formazione rocciosa e l’altra, attraverso uno scenario lunare e raggiungiamo il punto indicatoci in circa 2 ore, come da programma più o meno. Saliamo su una terrazza naturale da dove possiamo ammirare il tramonto. L’immensità di questo luogo è stupefacente e assistiamo al tramonto in compagnia di un gruppo di donne iraniane. Non parlano inglese ma ci invitano a scendere insieme a loro verso il pulmino, dove hanno datteri, pistacchi e tè da offrirci. Naturalmente ci chiedono di scattare alcune foto ricordo mentre un paio di ragazze ( grazie alla traduzione di Barehmi ) ci invitano a casa loro, situata a circa 3 ore da lì. Non possiamo accettare ma ringraziamo e salutiamo l’allegro gruppo di signore in gita nel deserto. Alle 18.30, riprendiamo la via del ritorno con qualche piccolo inconveniente. A circa 50km da Kerman, inizia ad accendersi la spia dell’olio. Per fortuna nel bagagliaio c’è 1 kg di olio (gli iraniani hanno mille risorse) e riusciamo a tornare a Kerman alle 20.30 mentre la spia dell’olio inizia a lampeggiare di nuovo. Sicuramente, ci sarà bisogno di passare dal meccanico, anche perché domani abbiamo riservato l’auto per un’altra lunga giornata in direzione di Bam. Se ci dovessero essere problemi seri, Barehmi si presenterà con una seconda auto, una vecchia BMW del 1979. Speriamo bene. Ah dimenticavo, al momento di pagare Barehmi ci ricorda di dargli 4000.000 Ry in meno visto che li avevamo anticipati per la benzina.

Bam – Rayen

Il motivo per cui siamo scesi così a sud, non è solo di tipo climatico; per me raggiungere Bam e il suo castello dei Tartari era uno degli obiettivi del viaggio. Aver avuto più tempo, avremmo potuto prendere tranquillamente uno dei 6 bus giornalieri che collegano Kerman alla cittadina, ma viste le 3 ore previste abbiamo optato ancora per l’auto guidata dal simpatico Barehmi. Oggi però partiamo con qualche minuto di ritardo, Barehmi è stato dal meccanico e ci viene a prendere con la stessa auto di ieri. Siamo un po' preoccupati, ma ci assicura che c’era stata una rottura di un tubo che è stato riaggiustato efficacemente. ( sempre fidarsi degli iraniani ricordatelo Roby ) Da Kerman a Bam, è una dritta strada nel bel mezzo del deserto, con a lato alcune delle montagne più alte del Paese. I picchi innevati che superano i 4.000mt, ci accompagnano per circa 100km. Alle 11.00 circa, raggiungiamo la cittadella di Bam, quella che fu teatro del set cinematografico del film IL DESERTO DEI TARTARI. Ma oltre ad essere famosa per questo, Bam è altresì famosa, negativamente, per il grave terremoto che distrusse l’intera cittadella nel 2003. Da quel giorno, pochissimi turisti percorrono tutti questi km fino all’estremo sud per visitare ciò che rimane di Bam. Ma per fortuna da qualche anno sembra che qualcuno si stia riavvicinando alle mura di Bam. Pensare che quasi sicuramente da queste parti si sia fermato Marco Polo, rende a me la visita ancora più emozionante, mentre una coppia di iraniani di Shiraz ci saluta e ci invita come al solito ad andare a visitarli quando saremo nella loro città. Vedremo cosa possiamo fare, intanto scambiamo il numero di telefono e ringraziamo per il gentile invito. Fortunatamente, è aperta da qualche mese, anche la parte superiore della cittadella, da dove si gode di una vista eccezionale sull’intera città e sulle montagne innevate. Una visita da non perdere, anche se lontano da tutto, soprattutto perché c’è da contribuire al ritorno del turismo da queste parti. Riprendiamo la strada del ritorno ma alla periferia di Bam ci fermiamo perché Barehmi, deve acquistare della frutta. Compra 2kg di arance di cui 4 le regala a noi e 8 scatole di datteri di cui due le regala a noi. Non possiamo continuare così, compriamo 4 scatole di datteri di cui due le regaliamo a sua moglie. Raggiungiamo Rayen alle 14.30 e ci fermiamo subito per un pranzo. Oggi riso con agnello e yogurt. Anche Rayen, come Bam è famosa per la sua cittadella anche se in dimensioni ridotte. Questi siti, ci ricordano molto le fortezze visitate in Oman. Mura merlate costruite con fango e paglia che nascondono una vera e propria cittadella all’interno. Prima di rientrare a Kerman, ci fermiamo per un caffè. Ci sediamo e subito entrano due donne che chiedono ad Elisa di scattare due foto, poi un simpatico signore si siede al mio fianco e iniziamo una discussione sul nucleare e gli USA. E meno male mi avevano detto di non parlar di certe cose con gli iranaini. Sono loro che vogliono conoscere la nostra posizione, e sono felici di sapere che non li consideriamo terroristi come invece vorrebbero farci credere gli americani. Si è creato un piccolo gruppo di persone che sono arrivati a conoscere gli stranieri e quando ci alziamo per pagare il conto naturalmente è già stato pagato tutto dallo sconosciuto di giornata. Usciamo per prendere i datteri in macchina e cerchiamo per lo meno di contraccambiare con qualcosa. Rientriamo a Kerman alle 19.30 e dopo aver detto a Barehmi che abbiamo il bus notturno per Shiraz, ci dice semplicemente queste parole: I have a plane for you! Ok, ci fidiamo e dopo pochi minuti ci ritroviamo in ufficio del direttore del supermercato di Kerman. Ci fanno lasciare gli zaini dal direttore, che vuole fare una foto ricordo da pubblicare sul sito del Supermercato e poi ci invitano a cenare in uno dei tavoli predisposti, nella sala adiacente. Alle 22.00 come d’accordo con il direttore, un signore ci viene a prendere e con un auto ci porta alla stazione. Tentiamo di pagare la cena e il passaggio fino alla stazione ma è tutto inutile. L’autista non ci lascia fino a che non arriva l’autista del bus. “Adesso siete in buone mani che Dio vi protegga.” Queste sono le ultime parole del perfetto sconosciuto che ci ha accompagnato al bus.

Shiraz

Grazie al simpatico tassista Mahdi, ci accomodiamo all’ Hafez Hotel ( oramai ci fidiamo ciecamente dei tassisti che ci accompagnano sempre in hotel con rapporto qualità sempre ottimo ). Visitiamo l’Arg-e Karm Khan Zand, una fortezza ben tenuta con una bellissima corte interna, Alcune sale sono visitabili, e l’Hammam con i suoi dipinti è da non perdere. Ci dirigiamo verso il bazar Vakil, dove entriamo in una delle famose moschee della città. All’interno, mentre il muezzin sta richiamando i fedeli alla preghiera, conosciamo due simpatici ragazzi di Esfahan con cui scambiamo una interessantissima conversazione. Ci pregano di chiamarli quando arriviamo nella sua città, anche se si scusano in anticipo per il fatto che non ci possano ospitare. Ci sediamo insieme ai due nuovi amici e ammiriamo i colori vivaci dei portali della moschea. Una sala con numerose colonne a forma aspirale ci invitano a continuare la visita. Salutiamo Mohammed e Koroosh, promettendo loro di chiamarli una volta d Esfahan. Ci addentriamo per un’ora circa dentro il bazar, e un forte profumo di carne alla brace ci ricorda che forse è l’ora di fare pranzo. Sono le 15.00, ma qui gli orari sono spostati leggermente in avanti e, insieme ad un folto gruppo di iraniani ci sistemiamo all’interno di un ristorante. Nessuno parla inglese, il menù è in inglese, ma per fortuna ci accorre in aiuto un signore seduto dietro di noi. Ordiniamo della carne cotta allo spiedo con pane azzimo. Uscendo dal bazar, ci ritroviamo per caso di fronte ad una scuola coranica; è chiusa, ma un gruppo di danesi ( è il primo gruppo di stranieri che troviamo) stanno per entrare con la loro guida, che gentilmente ci fa l’occhiolino e ci invita ad entrare con loro. Ringraziamo e dopo la visita, ci dirigiamo verso il mausoleo più importante della città, quello dello Shah Cheragh. Accompagnati da una ragazza ( guida volontaria della moschea ) visitiamo il sito, dove non possiamo far entrare zaini e macchine fotografiche. Elisa deve indossare il classico chador che le copre interamente testa e corpo, visto la santità del luogo. Lo spettacolo che ci aspetta è senza dubbio al di fuori delle nostre aspettative e grazie alle spiegazioni della nostra accompagnatrice otteniamo maggiori informazioni sulla religione islamica e sulle dinastie che si sono susseguite al potere nella Persia nuova e antica. Nonostante l’abbigliamento che Elisa è costretta a indossare, torneremo da queste parti di notte, visto che il mausoleo è aperto 24 ore su 24. Dopo una leggera cena, ce ne andiamo a spasso per le vie della città.


Persepoli – Pasargade – Naqs-e Rostam

Oggi giornata dedicata all’archeologia dell’antica Persia. Pur non essendo degli archeologi, non possiamo mancare di ammirare i vecchi splendori di uno dei più potenti Imperi dell’antichità.
Mahdi, ci accoglie con un sacchetto al cui interno ci sono patatine, biscotti e due aranciate. “This is for you “ sono le sue semplici parole. Saliamo in macchina e iniziamo la nostra giornata. Dopo pochi chilometri Mahdi si ferma sul ciglio della strada e ci dice di aspettarlo che deve recuperare del tè. Ritorna in auto con il termos, 3 bicchieri e 3 piccoli recipienti contenenti la tipica colazione di Shiraz: “ Ash “. Ringraziamo per la generosità di Mahdi e ripartiamo in direzione di Persepoli.
Il nome di Persepoli, riporta indietro nel tempo e suscita rispetto nei confronti del grande Impero Persiano. Per gli amanti della storia e dell’archeologia , passeggiare tra le rovine della città costruita da Dario I e suo figlio Serse, è senza dubbio una grossa emozione. La scalinata dell’Apadana è un piacere per i nostri occhi e rimaniamo immobili di fronte alla bellezza dei rilievi che raffigurano i Popoli tributari.
Ripartiamo da Persepoli in direzione nord con una breve sosta ai rilievi sassanidi di Naqs-e Rajab, e dopo circa un’ora raggiungiamo Pasargade. Il motivo di questa visita è senza dubbio la tomba di Ciro il Grande, il quale fondò qui la sua capitale.
La necropoli di Naqs-e Rostam, forse il sito che personalmente mi è piaciuto di più. Quattro tombe CRUCIFERE, scavate nella roccia, dominano il paesaggio.
Dopo tutta la gentilezza del nostro autista, sulla strada del ritorno lo invitiamo a cenare con noi, per passare una serata insieme. Dopo la doccia, Mahdi, si presenta all’hotel con l’intera famiglia. Moglie, due figli e la nipote che farà da traduttrice ufficiale. Ci portano prima alla Quran Gate, al nord della città, dove facciamo una passeggiata per ammirare le luci della città da una collinetta. Poi, prendiamo un tè accomodandoci su un tappeto disteso su un piccolo giardino; dopodiché, ci dirigiamo verso l’Azadi Park per un picnic. Come promesso offriamo alla famiglia una cena a base di hamburger. La serata si conclude con un giro al bazar, dove Elisa, accompagnata dalle signore, acquista una bellissima mantella da indossare in questi giorni. Ringraziamo la simpatica famiglia del tempo trascorso insieme e dopo essersi scambiati i rispettivi numeri di telefono, ce ne andiamo a dormire.
A Shirtaz ci sono degli angoli nascosti, che sono delle vere e proprie perle di architettura, con piccole piazze adorne di fontane e giardini in fiore. In una delle sale da tè, situate all’interno del bazar, ci fermiamo per un break, poi compriamo del pane caldo in uno dei tanti forni cittadini e con delle olive e delle verdure, pranziamo in compagnia di un gruppetto di studentesse. A pochi minuti di cammino dai giardini, entriamo, curiosi di vedere cosa sta succedendo, In una moschea. Solo dopo pochi minuti ci rendiamo conto di essere giunti durante un funerale all’interno della seconda mosche più sacra della regione: la Aramgah-e Ali Ibn Hamzeh. Un gentile signore ci invita ad entrare in un ufficio dove ci accolgono due volontarie della moschea e ci introducono al sito. Ci offrono del tè, dei biscotti e dei pistacchi. Inizia così una lunga chiacchierata sull’Islam e le sue sfaccettature. I siti più sacri degli sciiti e tutte le differenze che ci sono tra le varie famiglie dell’Islam. Conosciamo anche l’utilità della pietra che ogni sciiti prende in moschea prima di iniziare a pregare. E’ semplicemente l’elemento naturale dove il religioso appoggia la testa per poter essere tutt’uno con Dio. A differenza dei Sunniti è fondamentale il rapporto diretto con Dio attraverso l’elemento natura, e i tappeti della moschea non sono natura. Visitiamo il luogo sacro, e grazie al passaggio in auto, offerto da una delle due volontarie, rientriamo in centro. Al calar del sole, decidiamo di ritornare al Mausoleo di Shah Cheragh che con la luce del tramonto e le luci notturne regala un bellissimo spettacolo. Passeggiata notturna in bazar e cena a base di Dizi, altro piatto tipicamente persiano da consigliare a tutti.

YAZD

Raggiungiamo la Karandish bus terminal di Shiraz e Mahdi ci accompagna fino al bus diretto a Yazd. Nonostante non voglia riscuotere la tariffa del taxi insistiamo più di una volta e al terzo tentativo non può rifiutare i 50.000Rial che gli offriamo. Ci chiede di aspettarlo un attimo e dopo pochi minuti ritorna con una scatola di dolci e delle bibite. Ci serviranno per il viaggio ( anche se nel bus consegnano sempre qualcosa da mangiare ). Non sappiamo come ringraziarlo e quando arrivano i momenti dei saluti ci abbraccia con le lacrime agli occhi. Questi sono i tassisti in Iran.
A Yazd, è piuttosto caldo, siamo ai margini del deserto e la città è caratterizzata dalle torri di areazione ( gli antichi condizionatori ), conosciuti con il nome di badgir. Città famosa per il culto di Zoroastro è un labirinto di vie, nelle quali ha messo piede pure Marco Polo, durante il suo viaggio verso la Cina. Il sito zoroastriano, è un luogo dove la gente del posto si reca per ammirare il tramonto e noi li imitiamo. Condividiamo la visita con due studenti afgani e una famiglia di Yazd. Dalla sommità delle torri si può ammirare la città mentre nelle giornate più limpide il tramonto regala uno spettacolo di colori. Scambiamo due parole con gli afgani, che ci invitano a visitare la sua citta, famosa tristemente per la distruzione dei grandi Budda di pietra. La citta di Bamyan, nell’Afghanistan centrale, era un tempo meta turistica nonché di culto, ma oramai non resta più nulla della sua bellezza. I due afgani ci salutano con il loro ottimo inglese e continuano la loro visita, mentre noi veniamo fermati immediatamente dalla famiglia iraniana. La bimba di 15 anni vuole a tutti i costi invitarci a casa sua per la cena, e accettiamo volentieri. Saliamo sulla loro auto ma prima di andare a cena, ce ne andiamo alla moschea del loro quartiere, per assistere alla funzione delle 18.30. Una volta risaliti in macchina il padre si scusa per non poterci portare a casa, domani mattina dovrà partire per Teheran alle 04.00 e preferisce invitarci a cena in un ristorante. Accettiamo l’invito anche se alla fine ci limiteremo a prendere un ottimo succo di carote. Ringraziamo nuovamente la famiglia e con la loro auto ci accompagnano all’hostel. Ceniamo in un ristorante nei pressi del nostro alloggio e poi rimaniamo nel patio del Rest Up per ammirare le stelle. Sembra proprio di essere all’interno di una storia di “Le Mille e una notte”
La serata si conclude magnificamente, in compagnia della famiglia del Rest Up, suonando la chitarra e la tar. Passiamo due ore indimenticabili giocando a carte con l’intera famiglia e a dir la verità ci dispiace un po' lasciare tutto ciò.

Varzaneh

Oggi lasciamo la città, per addentrarci nella regione desertica e i suoi villaggi. Salutiamo padre e figlia che ci hanno accompagnato fino a qui, regalandogli il pacco datoci sul bus . Lasciamo la Guest House in cerca di un mezzo qualsiasi per raggiungere la cittadella di Ghortan, ma non appena siamo per strada, un tizio con la sua Peugeot, si affianca e dopo averci invitato a salire, ci invita a casa sua per il pranzo. Lasciamo dunque l’idea di visitare Ghortan e ce ne andiamo a Ezhieh, villaggio dello sconosciuto tizio. Dopo essersi accomodati in casa di Mohammud e sua moglie, ci servono del tè con dei datteri e iniziamo le conoscenze reciproche. Mangiamo della frutta e del gelato e quando ci chiedono cosa vogliamo per pranzo li ringraziamo ma spieghiamo che non abbiamo più fame. Grazie a Mohammud, visitiamo il modesto villaggio con la moschea e le simpatiche Pigeon Towr che animano il desertico panorama. Dopo 3 ore in compagnia della famiglia iraniana, ci facciamo lasciare all’incrocio principale, per poter rientrare a Varzaneh. Ci scambiamo i numeri di telefono e non appena li salutiamo una macchina si ferma chiedendoci da che parte fossimo diretti. Neppure il tempo di dire Varzaneh che siamo gia sopra una Peikan del 1976 in direzione del villaggio. Ringraziamo del passaggio e rientriamo in Guest House per prenotare la cena a base di pesce che ci preparerà Kalili, un altro dei 6 fratelli ( qui ogni fratello ha il suo compito ). Ceniamo con dell’ottimo pesce di lago salato, melanzane, riso e pomodori.

Ghortan – Adineh – Khara desert – Gavkhuni salt lake


                                          Visualizzazione di P3121976.JPG

Da queste parti l’autostop abbiamo capito che non è così difficile, quindi, dopo la colazione offerta dalla Guest House, ci avviciniamo al ciglio della strada principale e la prima macchina che passa, ci sale per portarci a Ghortan. E’ un professore di musica che insegna chitarra classica all’Università di Esfahan e durante il tragitto ci fa una breve lezione di musica iraniana. Invece di lasciarci all’incrocio per il villaggio, ci accompagna fino alla cittadella deviando il suo percorso di qualche km. Lo invitiamo a bere un tè ma deve essere all’università tra due ore e quindi riprende il suo cammino. La piccola cittadella di Ghortan è un villaggio di paglia e fango in rovina dove solo pochi anziani, abitano le loro poche case. Facciamo un giro tra le rovine e ci rilassiamo nella piccola piazza principale in compagnia di un piccolo gruppo di abitanti del luogo. Poche parole visto la difficoltà della lingua e salutiamo il piccolo villaggio. Per rientrare a Varzaneh, basta veramente poco. Appena alziamo la mano, un fabbro di Varzaneh ci sale in auto e ci accompagna fino al villaggio. Ci facciamo lasciare nei pressi della moschea dove si possono notare le anziane signore vestite in chador bianco, una cosa rara nell’intero Iran. Mentre attendiamo le signore all’uscita dalla moschea, si avvicina un giovane ragazzo che con il suo semplice inglese, ci invita per pranzo a casa sua. Non possiamo che accettare, sottolineando il fatto però che alle 14.30 abbiamo un appuntamento. Raggiungiamo così Oshkohran, piccolo villaggio situato a 12 km da Varzaneh, dove abita Alì e sua moglie. Prima ci mostrano la loro coltivazione di funghi, poi ci mostrano la loro casa ed Alì, ci suona un paio di canzoni classiche con la sua chitarra. Pranziamo con riso e spiedini di agnello, il tutto accompagnato da yogurt. Passiamo un paio d’ore in famiglia poi chiediamo ad Alì di riportarci alla nostra Guest House dove ci aspettano per l’escursione al deserto e al lago salato. Ringraziamo infinitamente per la loro accoglienza e rientriamo a Varzaneh. Ad attenderci c’è Reza, che ci accompagnerà per tutto il pomeriggio in visita alle zone limitrofe. Con la sua vecchia Peikan del 1979, raggiungiamo per primo Adineh, un piccolo villaggio con una torre e una piccola cittadella in rovina, da qui, oltrepassiamo il deserto di Varzaneh per raggiungere il lago salato di Gavkhuni. Ci togliamo le scarpe e ci immergiamo con i piedi sull’acqua salata, ammiriamo l’infinità del deserto e del lago salato che si mescolano insieme e ci rilassiamo con un tè offerto da Reza. Prima del tramonto raggiungiamo le dune del deserto, dove con una arrampicata di circa 30 minuti raggiungiamo la sommità della più alta. La vista è eccezionale e il tramonto regala dei bellissimi colori. Peccato per il vento che soffia forte da sud-ovest. Scendiamo la duna con la sandboard di proprietà della Guest House, anche se siamo veramente inadatti a questo tipo di sport. Poi dopo l’ennesimo tè, Reza ci accompagna da Kalili, che ci aspetta presso una casa del deserto per la cena a base di pollo e melanzane alla griglia. La cena sarà offerta dallo stesso Kalili che però ci chiede se possiamo ospitarlo a casa nostra. Stasera per la prima volta conosciamo il volto nascosto degli iraniani non musulmani. Kalili, ad un certo punto della cena, tira fuori due bottiglie di arak, distillato clandestino e ci racconta la sua vita da eretico in una famiglia di religiosi. Ci salutiamo con la promessa di rivedersi in Italia, mentre rientrando in casa ripensiamo a tutti gli iraniani che abbiamo incontrato lungo il nostro viaggio e soprattutto alla loro cortesia.

                                Visualizzazione di P3121907.JPG

Roby B.


Tutti coloro che vogliono intervenire con un loro pensiero, argomento, articolo di viaggio e non, sono invitati calorosamente a farlo. Sarà pubblicato sul prossimo numero del Graffio del Viaggiatore.

Grazie mille


ilgraffiodelviaggiatore@gmail.com


                                           PROGETTI PER LA VITA… IN ITALIA

L’idea di un reddito di cittadinanza, cioè di un reddito attribuito su base universale e incondizionata, nasce all’interno di un dibattito filosofico che, prima che con la povertà, ha a che fare con la libertà, l’uguaglianza e il tipo di società in cui ci auguriamo di vivere.


                                   
                                           MUSICA PER CHI VUOLE VEDERE




                                  RIFLESSIONE SULLA VITA...IN VIAGGIO

Mi ha sorpreso l'accoglienza del popolo filippino, sopratutto nei luoghi meno battuti dal turismo di massa. Poi la bellezza del mare, secondo i miei criteri ,ovviamente. Ad oggi, forse il più bello di quelli visti fino ad ora.
Poi ci sono tutte le piccole sensazioni provate durante il viaggio che per me sono importantissime ma nello stesso tempo difficilissime da spiegare con le parole perché legate all'incontro con le persone ed al sentirsi perfettamente in sintonia tanto da non farmi sentire straniera a casa loro.
Non so scriverti di più, magari quando ci incontreremo ti potrò raccontare piccoli episodi che possono sembrare banali ma che hanno dato quel plusvalore a tutto il viaggio.

Susy



ANGOLO DELLA BATTUTA
Per dimenticarci di essere seri

Sai cosa fa la posta quando si diverte?
La posta in gioco.

Pino Bramante

                                       VERSI LIBERI

A Kirikou,
il bambino più bello se n’è andato
e ora non c’è più
con l’amaro in bocca ci ha lasciato
era la mascotte dell’associazione
il più invidiato da tutti
ora è volato in un’altra dimensione
dove non ci si arriva se ti butti
solo una morte naturale
può portarti in un altro corpo
che però sembra irreale
visto l’Africa e il suo anticorpo.

                                                    Ivan Ske



                                                          I AM STILL FREE
                      I sogni e i progetti di chi non vuole smettere di correre...
                         Scriviamo e lasciamoci andare sempre e ovunque…

Piccione viaggiatore o viaggiatore impiccione?
Diciamo che lo sono entrambi, perché mi piace viaggiare per tutto il mondo come un piccione e nello stesso tempo in viaggio mi piace impicciarmi della vita dei locali. Sì sono libero di domandare a chiunque come vivono, di togliermi tutte le mie curiosità sulla loro vita. Voglio sapere tutto per scoprire tutti i lati del Paese che visito. Amo la gente e amo essere libero di conoscerli.

Ivan Ske


                                                              IL MURO

IL DOLORE PIÙ GRANDE PER UN VIANDANTE È TROVARSI DI FRONTE AD UN MURO AL DI LA DEL QUALE NON PUÒ ANDARE.

                                                     Risultati immagini per muro

Pensavo non ci fossero muri in mare, pensavo che il mare avesse la sua legge naturale di salvezza, ma mi sbagliavo.

Ivan Ske


                                      IL VIAGGIO IMMAGINARIO

IL VIAGGIO IMMAGINARIO È QUELLO CHE HAI SEMPRE SOGNATO E CHE NON HAI MAI REALIZZATO ...
QUELLO CHE PRENDE FORMA DI NOTTE E AL RISVEGLIO SI DISSOLVE NELLA MENTE ...
MA IL VIAGGIO IMMAGINARIO È ANCHE QUELLO DENTRO NOI STESSI
SENZA DUBBIO IL VIAGGIO PIU PERICOLOSO ED AFFASCINANTE SI POSSA FARE ...
QUELLO CHE SCAVA SCAVA TROVI SEMPRE QUALCOSA CHE NON VA IN TE ...

SCAVA SCAVA TROVI SEMPRE STRADE NUOVE ... STRADE CHE PERCORRI CON CORAGGIO E TI CAMBIANO LA VITA ...

UN VIAGGIO CHE TI DA UNA FORZA MAI AVUTA PRIMA ... CHE APRE PORTE IMPOSSIBILI ...
SCONFIGGE ANTICHE PAURE ... E CI AIUTA A CAMBIARE ... A MIGLIORARE
LASCIAMOCI ANDARE AL NOSTRO VIAGGIO IMMAGINARIO ...

MA NON è BISOGNA VOLERLO!


https://www.youtube.com/watch?v=GdxUIZOzd5E&feature=share10

Il Viaggio Immaginario di Ivan Ske

GIRO DEL MONDO IN BARCA A VELA

Senza dubbio è un viaggio immaginario che immagino amerebbero tutti.
Ho una bellissima barca a vela e dal porto di Genova - perché Genova? Semplice è la città dei primi marinari, dei primi navigatori della Storia, e non posso che non partire da qui – salpo per navigare il Mediterraneo visitando le sue meravigliose isole: la Sardegna in primis, per me l’isola tropicale d’Europa, le fantastiche isole Baleari, fino allo stretto di Gibilterra. A farmi compagnia sono i velocissimi delfini che schizzano a pelo d’acqua davanti alla barca come per indicarmi la via. Saltano felici rendendo questo meraviglioso viaggio, sempre più emozionante. A ogni tramonto e alba mi lascio coccolare dalle onde ad ammirare una delle migliori bellezze della natura. I colori che si mischiano nelle basse nuvole oppure il sole nascere e morire nella linea dell’orizzonte del mare non ha uguali, è senza dubbio la vista panoramica più amata da tutti.
La solitudine in mezzo al mare è un momento di riflessione molto importante, è il modo per mettere in ordine i pensieri. Dopo lo stretto di Gibilterra mi ritrovo di fronte all’Oceano Atlantico, costeggio l’amata Africa fino alle Canarie per poi arrivare a Capo Verde per assaporare la cultura creola afro-portoghese. Carico d’erba salpo per il Brasile. Arrivo a Jericoacoara, e come non posso fermarmi a ballare un po’ di forrò. Continuo la mia navigazione fino a Belem alla foce del Rio delle Amazzoni. Questa immensa frattura della terra per far passare il fiume più lungo del mondo. Punto a nord, grazie al vento immaginario che soffia in questa direzione e arrivo fino a superare la Guiana francese e il Suriname, Paesi poco visitati, così decido di fermarmi a Paramaribo dove il suo centro storico è patrimonio dell’umanità. Mi dà noia questa lingua olandese ai caraibi, così torno a navigare. Una volta arrivato alle isole di Trinidad e Tobago mi accorgo di questa barriera di isole famosissime partendo da sud Grenada, San Vincent e Grenadine, Barbados, Santa Lucia, Martinica, Dominica, Guadalupa, Montserrat, Antigua e Barbuda formano una vera e propria cintura che chiudono il mar dei Caraibi. Ovviamente amo abbattere i muri e navigo il cristallino Mar dei Caraibi. Arrivo all’isola che non c’è, a Bajo Nuevo Bank, un piccolissimo atollo, disputato da tutti i Paesi vicini, alla fine l’ha conquistata la Colombia, la più distante di tutti. Un paradiso caraibico deserto inabitato. Per non trovarmi di fronte alle imbarcazioni dei narcos scappo velocemente in Giamaica a ballare un po’ di reggae. Da qui vado a fare volontario ad Haiti, il Paese più povero dei Caraibi. Rimarrò davanti a delle situazioni davvero estreme, dove non auguro a nemmeno al mio peggior nemico, non si può ancora vivere in certe situazioni nel XXI’ secolo. Dopo il lavoro sociale, vado a ballare un po’ di merengue sulla Repubblica Domenicana e un po’ di salsa a Cuba, sulla ex isola di Fidel, oramai ex, perché il vento è cambiato…anche se quando c’era lui, non capirò mai Guantanamo. Punto verso il canale di Panama, ma prima fermandomi alle isole San Blas, dove le sue idilliache isole sono sempre sui depliant delle agenzie di viaggio.
Dopo l’Oceano Atlantico navigo il Pacifico fino alle Isole Galapagos ad ammirare le innumerevoli specie protette. Continuo il mio viaggio fino ad Hanga Roa, a Rapa Nui, la nostra Isola di Pasqua. Vedere gli immensi moai è impressionante, hanno una carica energetica incredibile. Da Haiti mi ritrovo nelle splendide isole di Tahiti e qui mi concedo una pausa sulle favolose spiagge bianche a sorseggiare il succo del cocco, ben appunto a coccolarmi nell’acqua bassa color smeraldo e turchese. Navigare in questo arcipelago c’è l’imbarazzo della scelta, ogni isola è più bella dell’altra. Oltrepasso le Isole Cook fino a Tonga. Scelgo un’isola disabitata lambita da una spiaggia bianca con la barriera corallina ricoperta da una foresta tropicale. Questo sì, è veramente un paradiso terrestre! Navigo le Fiji con le sue coste frastagliate, le spiagge costellate da palme e le barriere coralline con lagune limpide e arrivo a Vanuatu a scoprire la cultura melanesiana. Navigo il Mar dei Coralli costeggiando la famosa barriera corallina australiana e a nord il Mare delle Salomone. Decido di non andare verso le Filippine perché le conosco già molto bene e prendo lo Stretto di Torres tra l’Australia e la Papua Nuova Guinea e mi ritrovo sul Mare degli Arafura, Mar di Banda e nel Mar delle Molucche dove mi fermo nelle isole delle spezie. Costeggio le Sulawesi nel Mare di Celebes e qui deve velocizzare le manovre perché è pieno di pirati e devo stare attento al gruppo paramilitare separatista islamico filippino degli Abu Sayyaf e entro a vele spietate verso lo Stretto di Makasar fino alle acque “tranquille” del Mar di Giava. Anche l’Indonesia è fantastica e mi lascia delle ottime sensazioni. Grazie allo Stretto di Singapore mi dirigo verso il Mare delle Andamane a visitare le sue omonime isole. Ultimo paradiso del mio viaggio dove mi merito un po’ di relax prima della grande azione. Una volta ricaricato le batterie salpo per il Golfo del Bengala e attracco a Puri, al tempio di Jagannath, uno dei più sacri dedicati all’aspetto congiunto di Krsna-Visnu come Jagannatha, il Dio dell’Universo. Mi accorgo di un bambino di strada, scalzo, senza neanche uno straccio addosso con la passione del mare, innamorato pazzo delle imbarcazioni, mi avvicino e gli sussurro nell’orecchio: “ Lo vedi quel catamarano”, indicando la mia imbarcazione. “E’ tua!”


                                               Risultati immagini per Jagannath

Ivan Ske



                                              COSE STRANE DAL MONDO 

LE FOTO DI IVAN SKE



e io neanche volevo farmi la barba, continuavo a dire no, alla fine il barbiere insisteva e ho accettato. Solo dopo ho capito che ho rifiutato la macchinetta, il rasoio, ma ho detto sì alla crema depilatoria senza saperlo. 



ANGOLO DEI LIBRI
INVITO ALLA LETTURA

di Ivan Ske

Alex Zanotelli

KOROGOCHO

ALLA SCUOLA DEI POVERI

Dio dove sei? Datti da fare”, dice Alex Zanotelli in quel “ sotteraneo della storia” che è stata l’esperienza a Korogocho, baraccopoli di Nairobi. “Battezzato dalla povertà”, padre Zanotelli comincia a combattere la sua battaglia contro il colossale sociale del continente Africa. Tutto parte dalle inchieste di “Nigrizia” sulla malacooperazione e sui traffici illeciti di armi, che gli conferiscono l’immagine di uomo libero, non pilotato da alcun interesse che non fosse quello dei “dannati della Terra”. Silurato da una connection partiticovaticana, è tra il fango e i poveri di Korogocho che trova la sua piena dimensione umana e missionaria, ma sempre “agendo localmente e pensando globalmente”.





una grande energia sorridere
mangiare il mondo correre all’orizzonte

ruggire emozionarsi


Non perdiamoci di vista... l’appuntamento è per il Graffio di
Maggio

e ricordatevi sempre di chiudere gli occhi e di non smettere mai di sognare ...


perché il viaggio più bello, si trova nei vostri sogni ...

2 commenti:

  1. Grande numero del Graffio con l'Iran di un Grande Viaggiatore. Anche se il pezzo migliore di questo numero è senza dubbio IL VIAGGIO IMMAGINARIO.
    Grazie di esistere e a presto per nuove avventure
    robertoburacchini.blogspot.com

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    Risposte
    1. Il viaggio immaginario si potrebbe fare un libro con più di 200 pagine, ho semplicemente sintetizzato tutto per una lettura comoda e veloce. Volendo si potrebbe ampliare la Storia di Genova, il triangolo dei cetacei tra Sanremo e Portofino, scrivere quotidianamente quello che succede in barca, allargare il discorso della nostra amata Sardegna, i giovani a Ibiza e un discorso sul divertimento dei giovani. Alle Canarie tirar su una barcastoppista e creare una storia d'amore, dove vivendo in barca insieme nasce un bellissimo amore, ma anche dei disguidi, dei primi battibecchi fino ad arrivare in Brasile e lei che si ingelosisce per un ballo di troppo con una brasilera (beh sì un luogo comune ci vuole anche) e dopo l'ennesima litigata lei decide di far volontariato fissa ad Haiti e io proseguo il viaggio da solo. Approfondire i Caraibi, inventarsi una bella storia con i narcos, anche esagerando con il sommergibile dei narcos che esce dall'acqua e quasi mi tira su la barca oppure grazie ai narcos non passare dal canale di Panama per non pagare la tassa di passaggio e trasportare la barca via terra solo perché li hai trovati in difficoltà in mezzo al mare e gli hai dato una mano e loro vogliono contraccambiare il favore. Sulle Galapagos potrei scrivere l'evoluzione darwiana contro i Veda. Potrei scrivere una leggenda sull'Isola di Pasqua. Un'altra storia d'amore alla Marlon Brando in Polinesia e poi mi fermerei in Papaua Nuova Guinea e parlare dei tagliatori di testa, un altro po' di volontariato in Indonesia, un attacco pirata tra questi mari dove mi salvano i delfini, grazie alla meditazione quotidiana sono connesso con tutti i mammiferi del mare e mi vengono a salvare. A sto punto mi fermerei a parlare del turismo sessuale in Thailandia prima di arrivare alle Andamane e infine, anzi fin dall'inizio del libro sovrapporre la storia del bambino indiano poverissimo, un intoccabile, sottocasta, parlar del suo amore per il mare, e io senza conoscerlo gli regalo la barca alla fine.

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